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venerdì 12 dicembre 2014

La Cultura di Golasecca

Fra fiumi e laghi del nord-ovest italico, l'ubicazione della
cultura proto-celtica di Canegrate, del XIII sec. a.C. e
della cultura celtico-lepontica di Golasecca, a partire dal
XII sec. a.C.  Sono indicate inoltre le varie tribù Liguri,
Celto-Liguri e Celtiche stanziatesi in quei luoghi. 
Nel XII secolo a.C., nel territorio compreso fra lo spartiacque alpino a nord, il Po a sud, il Serio ad est e il Sesia ad ovest, si sviluppò la cosiddetta Cultura di Golasecca.
Tale civiltà prende il nome dalla località di Golasecca, sulle rive del fiume Ticino, poco dopo l'uscita del fiume dal Lago Maggiore, in provincia di Varese, dove, all'inizio del XIX secolo, l'abate Giovanni Battista Giani effettuò i primi ritrovamenti archeologici che ritenne testimonianze della battaglia avvenuta, durante la seconda guerra punica, tra Annibale e Scipione; tesi già sostenuta precedentemente da Carlo Amoretti, erudito viaggiatore settecentesco. Nel 1865 invece, Gabriel De Mortillet attribuì tali reperti ad una civiltà autonoma preromana: i Celti, a cui si deve l'origine di tale cultura. Erano popolazioni di ceppo indoeuropeo che giunsero in Europa in varie ondate, dall'Asia centrale, fra il 3.500 e il 1.500 a.C., attraverso il Caucaso e il Medio Oriente.
Ubicazione di Golasecca.
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Le zone europee in cui si svilupparono i primi segni della cultura celtica, che curiosamente sorgevano tutte e tre nei pressi di un lago, furono:
- l’area di Golasecca nel XII-X secolo a.C.,
Ubicazione di Halstatt.
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- l’area mineraria di Hallstatt (in Alta Austria) dove fiorì una cultura con particolari caratteri specifici che si sviluppò intorno all’VIII secolo a.C.,
- il sito di La Tène (in Svizzera),
Ubicazione di La Tène.
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che ospitava una cultura che raggiunse le sue massime espressioni artistiche, sociali e spirituali nel VI-V secolo a.C.
Successivamente i Celti si diffusero inoltre nell'intero territorio austriaco e svizzero, nella Germania sud-orientale, in Francia, Belgio, Italia settentrionale, in parti dell’Europa centro-orientale, nella Spagna settentrionale, nei Balcani, nelle isole Britanniche, in Irlanda e nell'area centrale della penisola  Anatolica.

Prime culture propriamente celtiche apparse in
Europa: Golasecca nel XII sec. a.C., Hallstatt
dal VII sec. a.C. e La Tène dalla metà del V sec.
a.C. Limitrofi a queste culture vi sono i quattro
fiumi Ticino, Reno, Danubio e Rodano.
Per quanto riguarda l'area Golasecchiana, si può presumere che la struttura sociale fosse articolata gerarchicamente e che la popolazione abitasse in villaggi situati nei pressi delle necropoli ritrovate. Era praticata l'agricoltura, la tessitura e l'allevamento, che permetteva di produrre carne e formaggio. L'ampia circolazione di manufatti golasecchiani a nord delle Alpi è in stretto rapporto con l’espansione e l’aumento del volume dei commerci nell’Etruria padana. Gli insediamenti golasecchiani erano di grande importanza strategica, dato che si trovavano lungo itinerari che permettevano di raggiungere i passi del San Bernardino, del San Gottardo e del Sempione, tutti valichi che mettevano in comunicazione con l'Europa centrale.
Fra l'altro proprio da quel gruppo di Alpi, nascono il Reno, il Rodano e il Ticino, che è l'affluente del Po a maggior portata d'acqua.
Dal ritrovamento di vari tipi di suppellettili, si deduce che i Golasecchiani commerciavano non solo con i Liguri, ma anche con Etruschi, Greci, con i popoli dell'Italia centro-meridionale ed insulare, fungendo anche da intermediari con i Celti del nord (quelli delle culture di Hallstatt e di La Tène). 
La rete dei loro scambi comprendeva la Cornovaglia, la Bretagna e la Galizia, regioni da cui proveniva lo stagno necessario alla produzione del bronzo e le regioni Baltiche da cui proveniva l'ambra.

Carta dell'Europa del 500
a,C. con le vie dell'ambra e i
suoi siti di reperimento.
Il popolo della cultura di Golasecca, le cui testimonianze risalgono a prima dell’età del ferro, era quindi inequivocabilmente di origine celtica, ben antecedente alla storica invasione celtica del IV secolo a.C., e le sue origini risalgono alla seconda metà del II millennio, nell'ambito della locale cultura dell’età del bronzo. Il territorio su cui si estendeva la popolazione golasecchiana era molto ampio, anche se non uniforme; comprendeva le pianure tra i fiumi Sesia ed Oglio estendendosi a nord fino alle pianure ed i contrafforti alpini a sud dei passi che conducono verso le vallate superiori del Rodano e del Reno.
Reperti delle ceramiche di Canegrate,
Protogolasecca, Liguri, Golasecca,
Villanova e Este.  Clicca sull'immagine
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Ci si è resi conto che la cultura di Golasecca  discende dalla cultura locale dell’età del bronzo, detta di Canegrate; infatti sono molti gli studiosi che vedono un continuo evolutivo tra le facies di Canegrate del XIII secolo a.C. e quelle successive di Golasecca del VII secolo a.C. Un fattore determinante nell'attibuzione di proto-celtica alla cultura di Canegrate, è come alcuni suoi reperti, ben diversi da quelli comuni nell’ambito locale della sua epoca, fossero ben conosciuti nelle regioni del sud della Germania, dove si sviluppò la cultura dei campi d’urne, unanimemente considerata antenata dei Celti, definiti tali dell’età del ferro.
Tali reperti sono manufatti in bronzo, ampiamente diffusi e ceramiche a scanalatura, utilizzati nei riti inceneritori, il che fece supporre ad un'espansione delle popolazioni proto-celtiche dei campi di urne. Non esistono però prove tali da confermare questa tesi anzi, al contrario l’area mediterranea in questo periodo vive una forte instabilità dovuta a continui spostamenti di popoli e conseguenti guerre, mentre in Europa continentale vi è un periodo di calma, il che farebbe pensare che i ritrovamenti della cultura di campi di urne al di qua delle Alpi sia dovuta più ad una moda che ad un’espansione di tale popolo.

Carta geografica con le prime culture celtiche:
Golasecca dal XII sec. a.C., Hallstatt dal VII sec. a.C. e La Tène
dalla metà del V sec. a.C.  -  Clicca sull'immagine per ingrandirla.
Diversi studiosi quindi ritengono comunque che si possa parlare anche della cultura di Canegrate  come espressione di popolazioni protoceltiche
Infatti la fine dell’età del bronzo è stata la piattaforma da cui si formarono successivamente le culture dell’età del ferro e per questo motivo la cultura di Canegrate prende il nome di cultura protogolasecchiana, poichè la cultura di Golasecca ne fu il proseguio. Che la popolazione golasecchiana fosse celtica e conseguentemente quella di Canegrate protoceltica, si evince anche dai ritrovamenti effettuati nella necropoli di Ascona e del ripostiglio dei bronzi di Malpensa, reperti che comprendono gambiere in lamina di bronzo decorate a sbalzo e decorazioni a ruote solari associate ad uccelli acquatici stilizzati; reperti trovati non solo in Italia settentrionale ma anche in gran parte dell’Europa, dalla conca carpatica fino ai dintorni di Parigi, il che indica una piena integrazione dell’area golasecchiana con il resto dell’Europa. Un altro fattore che si desume dai ritrovamenti archeologici è che già a partire dal X secolo a.C. viene a crearsi la necessità di avere una élite guerriera ben equipaggiata, come testimoniato dall’armamentario ritrovato all’interno delle tombe della necropoli di Morta, in provincia di Como. Tale necessità è motivata dalla ricchezza che si viene a produrre in queste zone, ricchezza dovuta all’ubicazione geografica che permise il controllo delle vie commerciali tra il versante nord e sud delle Alpi. Tutto ciò consentì lo sviluppo, in una zona omogenea, di una società diversificata rispetto ai vicini, nonché la nascita di una delle più antiche città europee al di fuori della zona mediterranea. Al periodo di benessere appena descritto, seguì per tutto il IX sec. e metà dell’VIII sec. un calo, probabilmente dovuto a mutazioni climatiche che portarono un periodo di forte piovosità, come dimostrato dai livelli dei laghi svizzeri sulle cui sponde, da secoli, sorgevano abitazioni abbandonate in seguito all’innalzamento del livello dell’acqua.
E’ presumibile che tali innalzamenti dovuti alle copiose precipitazioni abbiano influenzato anche la vita e i commerci in pianura padana, rendendo difficoltoso l’utilizzo delle vie d’acqua.

Ruota celtica, con il calderone all'Ovest, da:
https://lestelleinterra.blogspot.it
/2014/03/croce-celtica.html
Nel 700 a.C., per gli abitanti della Cultura celtica di  Golasecca, rispetto ai secoli precedenti, la situazione climatica era piuttosto migliorata, e a testimonianza di ciò apparvero complessi abitativi e necropoli lungo le due sponde del Ticino, allo sbocco nel lago Maggiore. Si suppone che quelle genti  controllassero la zona strategica che va dai passi alpini  che conducono dalle alte valli del Rodano e del Reno, seguendo le vie fluviali verso sud, fino al Po. Tra gli scavi effettuati a Golasecca, Castelletto Ticino e Sesto Calende, spiccano due tombe a incinerazione databili al VII secolo a.C., la cui ricchezza principesca fuga ogni dubbio sul rango che dovevano detenere i guerrieri  all’interno della cultura di Golasecca. Infatti al loro interno sono stati ritrovati un carro a due ruote, un elmo e gambiere di bronzo, una spada e una lunga lancia di ferro con l’asta munita di tallone e situla di bronzo istoriata, un servizio da bevande, il cui secchio (il calderone dei Celti) spicca per importanza in quanto è decorato con una tecnica molto diversa da quelle utilizzate dai contemporanei etruschi e italici o veneti e differisce perfino dallo stile celtico hallstattiano; ciò  significa che tale opera va attribuita ad una produzione autoctona, in seguito esportata anche oltralpe. La principale caratteristica di tale decorazione sta nel fatto che mentre nelle altre zone italiche si iniziava ad eseguire decorazioni in rilievo, mediante tratti continui, al fine di dare maggior contorno e realismo all’immagine, tecnica che caratterizzerà anche l’arte celtica lateniana, a Golasecca si utilizzava invece una tecnica che derivava direttamente dalla fine dell’età del bronzo, ovvero si rappresentavano  figure volutamente non realiste, mediante una serie di punti sbalzati dal rovescio.
Bacile in bronzo ritrovato a
Castelletto Ticino.
La volontà di non rappresentare figure simili alla realtà traspare anche dal fatto che tutte le rappresentazioni figurative sono in stile antropomorfo e questo non per incapacità o mancanza di originalità, ma per una precisa volontà. Un esempio per tutti è il bacile bronzeo ornato con leoni e persone alate ritrovato a Castelletto Ticino.
Stele di Bormio.
Esiste comunque una raffigurazione che consente di identificare l’aspetto dei celti di Golasecca, si tratta di una stele ritrovata a Bormio, (vedi figura "stele di Bormio") in Valtellina, estremamente importante sia perché è l'unico ritrovamento del suo genere, sia per la rappresentazione che fornisce e che si ricollega all'aspetto guerriero golasecchiano, dandoci possibili indizi sul perché sono state ritrovate solo due tombe del livello sopra descritto. In questa raffigurazione spicca un personaggio di faccia, coperto da un grande scudo e con in testa un elmo, che tiene in mano un’insegna militare, tale insegna è parallela ad una lancia che sta dietro un piccolo scudo rotondo e che potrebbe trattarsi di un trofeo. Tale personaggio potrebbe essere sia un capo militare, sia il Dio protettore del popolo, messo in una posizione che dà l’impressione di assistere ad una parata militare preceduta da trombettieri. Questa raffigurazione unita ai ritrovamenti nelle due famose tombe, possono significare che in alcuni momenti della loro storia, i Celti di Golasecca hanno avuto la necessità di formare un apparato militare; il carro a due ruote (trainato quindi da cavalli) è un segno di questa urgenza, in quanto è databile al VII secolo a.C. mentre nel resto d’Europa si diffuse nel V secolo a.C. Una cosa è certa, nonostante in Italia la cultura di Golasecca sia ignorata, è stata invece un elemento fondamentale della cultura europea, ne ha  influenzato le mode e lo stile artistico. Lungo le vie commerciali che collegavano le due sponde delle Alpi, le creazioni golasecchiane si sono diffuse un po’ ovunque nel resto dell’Europa: Francia, Belgio, Renania e Boemia, soprattutto oggettistica di bronzo prodotta grazie sia alle materie prime che transitavano sul territorio golasecchiano (come lo stagno proveniente dalla Boemia e dalla Gran Bretagna), sia dalle materie prime estratte nelle Alpi, come il rame. La produzione bronzea era svariata, comprendeva recipienti, pendenti, oggetti ornamentali, porta fortuna e tutto ciò che col bronzo si poteva fare, oggettistica che si troverà frequentemente nelle tombe dei principi transalpini, insieme al carro a quattro ruote utilizzato per il trasporto del defunto, servizi per bevande con contenitori (calderoni) esageratamente grossi, fino alla capacità di 1.100 litri, come quello ritrovato a Vix.La situazione migliorò verso la fine dell’ VIII secolo e a testimonianza di ciò vi sono la nascita di complessi abitativi e di necropoli lungo le due sponde del Ticino allo sbocco del fiume dal lago Maggiore; le popolazioni che abitavano quei centri, controllavano la zona strategica che va dai passi alpini che conducono all'alta valle del Rodano e a quella del Reno fino al Po, lungo le vie fluviali. Tra gli scavi effettuati a Golasecca, Castelletto Ticino e Sesto Calende, spiccano due tombe a incinerazione databili al VII secolo a.C., la cui ricchezza principesca fuga ogni dubbio sul rango che dovevano detenere i guerrieri all'interno della cultura di Golasecca. Al loro interno sono stati ritrovati un carro a due ruote, elmo e gambiere di bronzo, spada di ferro, lunga lancia di ferro con l’asta munita di tallone e situla di bronzo istoriata, servizio da bevande, il cui secchio spicca per importanza in quanto è diverso da tutti gli altri. Non ci sfugge il fatto che nella cultura celtica, il secchio o calderone è uno dei 4 oggetti sacri della ruota celtica che indicano le direzioni, ed è stato rappresentato e riprodotto in squisite fatture, come il famoso calderone di Gandestrup. Non vi è comunanza, comunque, con i contemporanei manufatti etruschi ed italici, con quelli veneti e con lo stile hallstattiano; ovvero significa che tale opera va attribuita ad una produzione autoctona che in seguito è stata esportata oltralpe.
Cultura di Golasecca: Bacile bronzeo
ritrovato a Castelletto Ticino.
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La principale caratteristica di tale decorazione sta nel fatto che mentre in nelle altre zone italiche iniziano ad essere eseguite decorazioni in rilievo e mediante tratti continui, al fine di dare maggior contorno e realismo all’immagine, tecnica che caratterizzerà l’arte lateniana, a Golasecca si utilizza una tecnica che deriva direttamente dalla fine dell’età del bronzo, ovvero il rappresentare figure volutamente non realiste, mediante una serie di punti sbalzati dal rovescio. La volontà di non rappresentare figure simili alla realtà si evince anche dal fatto che tutte le rappresentazioni figurative sono in stile antropomorfo e questo non per incapacità o mancanza di originalità, infatti di esempi per eventuali ispirazioni ve ne erano, come il bacile bronzeo ornato con leoni e persone alate ritrovato a Castelletto Ticino, così come da manufatti d'arte venetica.
Stele di Bormio. Clicca
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Esiste comunque una raffigurazione realistica che consente di identificare l’aspetto dei celti di Golasecca, si tratta di una stele ritrovata a Bormio, (vedi figura "stele di Bormio") in Valtellina, estremamente importante sia perché è l'unico ritrovamento del suo genere, sia per la rappresentazione che fornisce e che si ricollega all’aspetto guerriero golasecchiano, dandoci possibili indizi sul perché sono state ritrovate solo due tombe del livello sopra descritto. In questa raffigurazione spicca un personaggio di faccia, coperto da un grande scudo e con in testa un elmo, che tiene in mano un’insegna militare, tale insegna è parallela ad una lancia che sta dietro un piccolo scudo rotondo e che potrebbe trattarsi di un trofeo. Tale personaggio potrebbe essere sia un capo militare sia il dio protettore del popolo, messo in una posizione che dà l’impressione di assistere ad una parata militare preceduta da trombettieri. Questa raffigurazione unita ai ritrovamenti nelle due famose tombe, possono significare che in alcuni momenti della loro storia, i Celti di Golasecca hanno avuto la necessità di formare un apparato militare; il carro a due ruote è un segno di questa urgenza, in quanto è databile al VII secolo a.C., mentre nel resto d’Europa si diffuse nel V secolo a.C.
Inoltre, se esisteva un apparato militare, automaticamente dovevano esistere dei leader, condottieri che conducessero il popolo in guerra; condottieri che spiccassero rispetto agli altri per il loro rango e la loro magnificenza, proprio come è rappresentato il personaggio sulla stele di Bormio, dotato di un armamentario degno del suo status,così come quello riscontrato nelle due tombe. Quindi l’evento eccezionale che costringe tutto il popolo a dotarsi di un leader paragonabile ad un dittatore romano, unito al fatto che esso per essere ricordato in magnificenza dovesse conseguire vittorie strepitose, fa sì che tali tombe siano estremamente rare, anche se va detto che gli scavi archeologici fatti fin’ora sono scarsi e non è escluso che in futuro vi siano nuove scoperte. E’ anche probabile che l’esercito non servisse per attaccare altre popolazioni ma bensì per difendersi da eventuali attacchi; infatti la posizione strategica del territorio golasecchiano procurò ricchezza e materie prime, senza considerare che è non è pensabile un eventuale transito di merci straniere su quel territorio senza il permesso dei principi locali, i quali molto probabilmente richiedevano pagamenti o doni in cambio di un transito tranquillo.
Elmo di Golasecca III (480-450
a.C.).  Clicca sull'immagine
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Una cosa è certa, nonostante in Italia la cultura di Golasecca sia ignorata, fu un elemento fondamentale della cultura europea, ne influenzò le mode e lo stile artistico. Dalle vie commerciali che collegavano le due sponde delle Alpi e da lì il resto d’Europa, le creazioni golasecchiane si sono diffuse un po' ovunque: Francia, Belgio, Renania e Boemia. Soprattutto oggettistica di bronzo, prodotta grazie sia alle materie prime che transitavano sul suo territorio, come lo stagno proveniente dalla Boemia e dalla Gran Bretagna, sia dalle materie prime estratte dalle Alpi, come il rame.
La produzione bronzea era svariata, comprendeva recipienti, pendenti, oggetti ornamentali, porta fortuna e tutto ciò che col bronzo si può fare, oggettistica che si troverà frequentemente nelle tombe dei principi transalpini, insieme al carro a quattro ruote utilizzato per il trasporto del defunto, servizi per bevande con contenitori esageratamente grossi (altri calderoni), fino alla capacità di 1100 litri come quello ritrovato a Vix. Un’altro prodotto tipicamente golasecchiano è il Kline, un grosso letto in bronzo su cui veniva deposto il defunto, all’interno della tomba, tipo il famoso kline della tomba principesca di Hochdorf a Stoccarda.
Luoghi della Cultura celtica
di Golasecca con le varie
genti Liguri, Celto-Liguri e
Celtiche lì stanziate.
I prodotti golasecchiani in bronzo non sono gli unici reperti che si possono trovare nelle tombe principesche transalpine, infatti parecchie ceramiche riferibili a Golasecca sono state trovate in importanti tombe in area francese, svizzera e tedesca, come ad esempio un caratteristico bicchiere decorato con motivi orizzontali rossi e neri.
Senza voler attribuire, in mancanza di prove concrete, la paternità della croce celtica a Golasecca, va detto però che una tipica decorazione della ceramica golasecchiana consisteva nel stampigliare una croce inscritta in un cerchio, decorazione che nel VI secolo a.C. valicò le Alpi per diffondersi in Europa, dove i ritrovamenti di questo vasellame vanno dall’est della Francia fino alla valle del Danubio.
Dracma Padana. Le dracme d'argento padane furono coniate
dai Celti Cenomani della pianura padana, e il loro prototipo
fu la moneta di Marsiglia (l'antica Massalia fondata dai greci
di Focea), portata in Italia dai Celti che passarono le Alpi nel
 IV sec. a.C.: la cosiddetta "dracma pesante" di Marsiglia, in
argento (peso medio 3,74 grammi), che recava al diritto la testa
di Artemide, protettrice della loro città, e al rovescio un leone
che avanza ruggendo. Questa dracma, emessa nel 390-386 a.C.,
 ha in una faccia la rappresentazione di un gambero di fiume, e
sembra derivare dalle monete in argento dello stesso periodo
 della città greca di Elea/Velia, in Magna Grecia (a sud di
Poseidonia/Paestum), fondata anch'essa dai Focei, forse per
il pagamento dei mercenari celti, reclutati nell'entroterra di
Marsiglia o nell'Italia settentrionale, al servizio della stessa
Massalia. Al loro ritorno in Italia i mercenari celti avrebbero
portato con sé le dracme del loro compenso.
Non solo l’oggettistica golasecchiana si diffonde in Europa, ma anche le tecniche stilistiche, come nel caso dei vasi stampigliati ritrovati in Armonica (Bretagna) nel VI secolo, luogo in cui non vi sono dei precedenti, che al contrario abbondano in nord Italia.
Ciò può spiegare come l’oggettistica sia arrivata in quelle zone tramite i movimenti commerciali fatti dai golasecchiani, i quali dovevano procurarsi lo stagno proveniente dal nord, commercio che porterà tre secoli più tardi al ritrovamento di dracme padane in Cornovaglia.
Che questo tipo di oggetti fossero il motivo trainate di questi commerci e delle conseguenti esportazioni stilistiche, si evince dal fatto che contemporaneamente alla stampigliatura armoricana, compare in Boemia la ceramica decorata a traslucido, una novità per il posto ma già ben conosciuta e diffusa a Golasecca; e la Boemia è un’altra zona stannifera.
Dal 700 a.C., in Europa centrale, nella zona del Salzkammergut (Salisburgo e Carinzia, nell'odierna Austria) e fino al 450 a.C., si sviluppò la Cultura celtica di Hallstatt, resa fiorente dal commercio del sale e dalla produzione e commercializzazione di oggetti in ferro.

Carta geografica degli insediamenti centro-europei dei Celti,
dopo la cultura di Golasecca, in Italia nord-occidentale:
la cultura di Hallstatt orientale a sud del Danubio, poi
quella occidentale a La Tène, a sud del Reno.
Nei territori nord-italici fiorirono la cultura di Golasecca
 e le culture d'Este, gli Euganei.
Clicca sull'immagine per ingrandirla.
In generale, nelle culture celtiche ci si basava prevalentemente su tre classi sociali:
- la sacerdotale (druidica), che conservava e tramandava solo oralmente, la memoria collettiva
- l'aristocrazia guerriera dedita alle armi e alla caccia,
- la terza, il popolo, dedito  alla lavorazione dei metalli e all'allevamento di cavalli, e suini.
Dalla zona tra  basso Rodano e alto Danubio, a  partire già dal 700 circa a.C., principalmente per ragioni demografiche di sovrappopolamento,  l'espansione dei Celti interessò le isole britanniche (già raggiunte da una prima ondata precedente) e la penisola iberica (dove divennero Celtiberi).

Alla fine della cultura di Hallstatt, dovuta probabilmente a conflitti interni con nuovi ceti che aspiravano al potere e che soppiantarono la vecchia aristocrazia hallstattiana, fiorì la  cultura celtica di La Tène (450 - 50 a.C.), che si sviluppò sul lago di Neuchatel (nell'attuale Svizzera occidentale) e che fu caratterizzata, oltre che da una spettacolare attività artigianale e artistica, dalla nascita di una forte rete di commercio di massa (di armi e accessori in ferro, suppellettili in oro, argento e ambra) e dalla conseguente nascita di una protoborghesia.
Carta geografica degli insediamenti europei dei Celti seguiti
alla cultura di Golasecca: Hallstatt e poi La Tène.
 In rosa le successive espansioni.
Anche la ceramica stampigliata golasecchiana influenzò la cultura lateniana, e tale tecnica ne divenne un fattore tipico, comprese le decorazioni: lettere esse, cerchi, croci e più raramente motivi vegetali e animali. La loro posizione ed i punzoni utilizzati non lasciano dubbio che la matrice originaria fosse Golasecca.
Successivamente i Celti si espansero, oltre a nuove ondate migratorie verso le coste Atlantiche della Francia e nell'Italia settentrionale, nei territori dei Balcani, in cui vennero a contatto con l'impero di Alessandro Magno e in cui svolsero attività di mercenari, mentre una parte ritornò verso l'Asia Minore (i Galati).

OGHAM, l'alfabeto celtico. Ogni OGHA, simbolo-lettera, è l'iniziale
di un'albero-pianta, con i nomi in gaelico: inoltre qui indichiamo la
corrispondenza con il calendario arboricolo proposto da Robert Graves.
Vedi: http://culturaprogress.blogspot.it/2015/01/ogham-la-scrittura-rituale-degli.html

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6 commenti:

  1. Estremamente interessante e ben documentato questo Suo post, complimenti.
    Mancano, a tutt'oggi, studi approfonditi e divulgativi relativi ai Celti ed alla loro cultura, tanto che la maggior parte delle persone tende ad assimilare queste popolazioni ai Galli di Asterix o a concetti, spesso fuorvianti, legati alla politica contemporanea. Davvero prezioso, dunque, questo suo contributo.

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    1. Nonostante l'enorme ritardo, La ringrazio infinitamente per il Suo apprezzamento

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  2. Ritengo questa pubblicazione di estremo interesse storico culturale, che con chiari e precisi riferimenti in un ampio contesto geografico permette di attribuire alla la Civiltà dei Celti la prima vera e propria matrice culturale Europea propriamente detta. .

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  3. Ritengo la pubblicazione di estremo interesse in quanto attribuisce ai Celti la giusta importanza Culturale nell'orizzonte storico del Centro Europa.

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  4. Conoscete le origini e la storia meno recente della zona dove abitate? io non lo sapevo, quando ci si prende un po di tempo si scoprono molte notizie interessanti.

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  5. l'ho scoperto solo oggi.
    e' davvero estremamente interessante questo sito per la varietà degli argomenti e la passione
    con cui vengono trattati.
    Complimenti vivissivi con un pizzico di invidia per le conoscenze possedute dall'estensore!!!

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