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domenica 1 marzo 2015

Perchè la canapa è proibita

Canapa
Da: http://www.gruppofibranova.it/it/canapa2.htm
Agli inizi del Novecento, l'Italia rappresentava la seconda nazione al mondo per la quantità di canapa tessile prodotta ed era preceduta, in questa graduatoria, dalla sola Russia.
Cannabis sativa
A quell'epoca, nel nostro Paese gli ettari destinati a tale coltura ammontavano ad oltre 100.000 con un rendimento annuo che sfiorava gli 800.000 quintali.
Nel 1914 la provincia di Ferrara produceva 363.000 quintali di canapa, contro i 157.000 della provincia di Caserta, i 145.000 della provincia di Bologna e gli 89.000 del napoletano.
Coltivatrice in un
campo di canaponi
da seme, da: http://
www.
cercanelcassetto
.it
/Engine/RAServe
PG.php/P/
25251CN
C0604/T/Canapa#a
 
Negli anni a seguire, in tutto il territorio nazionale vi fu una progressiva riduzione della superficie coltivata a canapa e, conseguentemente, della fibra prodotta: si passò così da un massimo di 85.000 ettari coltivati, con una produzione complessiva di un milione di quintali, ai 1.860 ettari del 1969 con soli 21.000 quintali di prodotto fino ad arrivare, nel 1970, ad un minimo di 899 ettari con un rendimento di appena 10.000 quintali.
Raccolta di canapa
 con falcetto da: http:
Tra le cause concomitanti, che portarono alla crisi nel settore canapicolo, un posto rilevante lo ebbe sicuramente il sistema di lavorazione della canapa nell'azienda agraria, che richiedeva un impiego complessivo di circa 1.200 ore di manodopera per ettaro, fra i più alti di tutte le colture a pieno campo. 
Se da un lato questo garantiva occupazione a circa 30 mila operai, dall'altro offriva condizioni di lavoro particolarmente difficili, soprattutto nella fase della macerazione in acqua degli steli raccolti in fasci.
I seguito, con l'industrializzazione nella produzione dei tessuti e dell'estrazione del petrolio, la richiesta di canapa si ridusse molto; di tele, tessuti, corde, cordami e alcol per alimentare i motori endotermici, la richiesta crollò. 
Costruzione di pile
 per l'essicatura da:
http://www.cercanelcas
setto.it/Engine/RASer
vePG.php/P/25251C
NC0604/T/Canapa#a
Con l’abbandono del lavoro agricolo e delle campagne, avvenuto in modo massiccio negli anni ’60, sono venute a mancare le basi materiali ed umane perché la lavorazione potesse continuare e a questo si è aggiunto l’arrivo di nuove fibre sintetiche che hanno largamente rimpiazzato la canapa nei filati tradizionali. 
Affondamento di zattere di
fasci di canapa nel macero da:
Per questo motivo tra gli anni '50-'60 vennero indetti concorsi annuali per la progettazione di macchine, che permisero una maggiore automazione delle varie fasi di coltivazione e trasformazione della materia prima a fini tessili.
Volere coltivare canapa, anche solo per passione è diventato col tempo impossibile.
Si è persa la tecnica di coltivazione, sono arrugginite le macchine stigliatrici, sono state perfino smarrite le gloriose varietà italiane un tempo considerate generatrici della miglior canapa del mondo.
La famiglia Bonori della Beverara (periferia a
nord di Bologna) con i loro aiutanti, bagnati fino
al collo, dopo il recupero della canapa dal
macero. Da http://www.cercanelcassetto.it/Engine/
RAServePG.php/P/25251CNC0604/T/Canapa#a
A questo si deve oltretutto aggiungere una legislazione orba, che accomunava la canapa da fibra a quella da droga, rendendone la coltivazione una pratica illegale.
Dalla seconda metà degli anni '90 le cose sembrano essere cambiate ed un rinnovato interesse sembra aver riportato la canapa alla ribalta, se non della coltivazione almeno della cronaca.
Sicuramente grande risonanza ha avuto la canapa impropriamente denominata "indiana", ma la canapa tradizionale, da fibra, ha trovato nuovi estimatori e sostenitori in seno al movimento ecologista, in quanto coltura naturale, a basso impatto ambientale, che non necessità di input chimici per la coltivazione ed in grado di rinettare il terreno dalle erbe infestanti e quindi apportare un benefico effetto sul terreno stesso.
Lavorazioni della canapa. Da sinistra la
 decanapulazione con gramolatura, a destra
 carro carico di canapa macerata ed essiccata,
da http://www.cercanelcassetto.it/Engine/
RAServePG.php/P/25251CNC0604/T/Canapa#a
Oltre a questo l'agricoltura europea malata di sovrapproduzione ed eccessiva intensificazione ha cominciato a guardare alle cosiddette colture no food, per diversificare ordinamenti colturali troppo serrati e poco sostenibili.

Da http://www.cercanelcassetto.it/Engine/RA
ServePG.php/P/25251CNC0604/T/Canapa#a
La pianura bolognese è stata per secoli uno dei principali centri della canapicoltura italiana; avviata nella seconda metà del XV secolo tra Bologna, Budrio e Cento, la coltivazione della canapa è diventata il cardine del sistema agrario bolognese.
A livello locale la canapa pettinata veniva utilizzata per corde, reti da pesca, tele da sacchi, biancheria domestica e personale; a partire dal XVII secolo si svilupparono anche nuovi sbocchi commerciali, grazie alla domanda della corderia dell’arsenale navale veneziano e dei cantieri navali dei paesi dell’Europa nord-occidentale.
Dacanapulazione da: 
http://www.cercanelcassetto.it/
Engine
/RAServePG.php/P/
25251CNC0604/T/Canapa#a
 
Nel XIX secolo più dei due terzi del prodotto veniva esportato in altre province italiane oppure all'estero e la produzione di canapa nel bolognese raggiunse l'apice; nel secolo scorso iniziò a diminuire la richiesta di prodotto fino a scomparire dopo gli anni ’50, a causa di molteplici fattori concorrenti: affermazione delle fibre sintetiche, basso grado di meccanizzazione della coltura con alto impiego di manodopera, concorrenza di colture più remunerative.
La pianura bolognese è stata per secoli uno dei principali centri della canapicoltura italiana; avviata nella seconda metà del XV secolo tra Bologna, Budrio e Cento, la coltivazione della canapa è diventata il cardine del sistema agrario bolognese.
Filatura della canapa
 con la rocca:
A livello locale la canapa pettinata veniva utilizzata per corde, reti da pesca, tele da sacchi, biancheria domestica e personale; a partire dal XVII secolo si svilupparono anche nuovi sbocchi commerciali, grazie alla domanda della corderia dell’arsenale navale veneziano e dei cantieri navali dei paesi dell’Europa nord-occidentale.
Nel XIX secolo più dei due terzi del prodotto veniva esportato in altre province italiane oppure all'estero e la produzione di canapa nel bolognese raggiunse l'apice; nel secolo scorso iniziò a diminuire la richiesta di prodotto fino a scomparire dopo gli anni ’50, a causa di molteplici fattori concorrenti: affermazione delle fibre sintetiche, basso grado di meccanizzazione della coltura con alto impiego di manodopera, concorrenza di colture più remunerative.

Foglia di Canapa...proibita!?
Da: http://www.luogocomune.net
/site/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=14
La marijuana (spagnolo), o cannabis (latino) o hemp (inglese) è una pianta che si potrebbe definire miracolosa, ed ha una storia lunga almeno quanto quella dell'umanità. Unica pianta che si può coltivare a qualunque latitudine, dall'Equatore alla Scandinavia, ha molteplici proprietà curative, cresce veloce, costa pochissimo da mantenere, offre un olio di ottima qualità (molto digeribile), ed ha fornito, dalle più antiche civiltà fino agli inizi del secolo scorso, circa l'80 per cento di ogni tipo di carta, di fibra tessile, e di combustibile di cui l'umanità abbia mai fatto uso.
E poi, cosa è successo? E' successo che in quel periodo è avvenuto il clamoroso sorpasso dell’industria ai danni dell'agricultura, e di questo sorpasso la cannabis è stata chiaramente la vittima numero uno.
I nascenti gruppi industriali americani puntavano soprattutto allo sfruttamento del petrolio per l’energia (Standard Oil - Rockefeller), delle risorse boschive per la carta (editore Hearst), e delle fibre artificiali per l’abbigliamento (Dupont) – tutti settori nei quali avevano investito grandi quantità di denaro. Ma avevano di fronte, ciascuno sul proprio terreno, questo avversario potentissimo, e si unirono così per  formare un'alleanza sufficientemente forte per batterlo. 

Tre personaggi piuttosto ingombranti

1937- Locandina del film
"Marihuana assassina della
gioventù" diretto da 
Elmer Clifton. 
L'unica soluzione per poter tagliare di netto le gambe ad un colosso di quelle dimensioni risultò la messa al bando totale. L’illegalità. Partì quindi  un'operazione mediatica di demonizzazione, rapida, estesa ed efficace ("droga del diavolo", "erba maledetta" ecc.), grazie agli stessi giornali di Hearst (è il famoso personaggio di Citizen Kane/Quarto Potere, di O. Wells), il quale ne aveva uno praticamente in ogni grande città. Sensibile al denaro, e sempre alla ricerca di temi di facile presa popolare, Hollywood si accodò volentieri alla manovra, contribuendo in maniera determinante a porre il sigillo alla bara della cannabis  (a sin. la locandina del fim "Marihuana: assassina di giovinezza – Un tiro, una festa, una tragedia"). La condanna morale viaggiava rapida e incontrastata da costa a costa (non c’era la controinformazione!), e di lì a far varare una legge che mettesse la cannabis fuori legge fu un gioco da ragazzi. Anche perchè pare che i tre quarti dei senatori che approvarono il famoso "Marijuana Tax Act" del 1937, tutt'ora in vigore, non sapevano che marijuana e cannabis fossero la stessa cosa: sarebbe stato il genio di Hearst ad introdurre il nomignolo, mescolando le carte per l'occasione. 

THOUGHTS ON CANNABIS "Quanti omicidi, suicidi, furti, aggressioni criminali, rapine, scassi e gesti di follia maniacale provochi ogni anno, lo si può solo indovinare. Nessuno sa, nel mettere ad altri fra le labbra una sigaretta di marijuana, se ne faranno un allegro visitatore di paradisi musicali, un folle delirante, un tranquillo pensatore, o un assassino..."
HARRY J. ANSLINGER - Commissioner of the US Bureau of Narcotics 1930-1962

Fatto sta che a partire da quel momento Dupont inondava il mercato con le sue fibre sintetiche (nylon, teflon, lycra, kevlar, sono tutti marchi originali Dupont), il mercato dell'automobile si indirizzava definitivamente all'uso del motore a benzina (il primo motore costruito da Diesel funzionava con carburante vegetale), e Hearst iniziava la devastazione sistematica delle foreste del Sudamerica, dal cui legno trasse in poco tempo la carta sufficiente per mettere in ginocchio quel poco che era rimasto della concorrenza.
Al coro di benefattori si univa in seguito il consorzio tabaccai, che generosamente si offriva di porre rimedio all'improvviso “vuoto di mercato” con un prodotto cento volte più dannoso della cannabis stessa.
E le "multinazionali" di oggi, che influenzano fortemente tutti i maggiori governi occidentali, non sono che le discendenti dirette di quella storica alleanza, nata negli anni '30, fra le grandi famiglie industriali. (Nel caso qualcuno si domandasse perchè mai la cannabis non viene legalizzata nemmeno per uso medico, nonostante gli innegabili riscontri positivi in quel senso).
Come prodotto tessile, la cannabis è circa quattro volte più morbida del cotone, quattro volte più calda, ne ha tre volte la resistenza allo strappo, dura infinitamente di più, ha proprietà ignifughe, e non necessita di alcun pesticida per la coltivazione. Come carburante, a parità di rendimento, costa circa un quinto, e come supporto per la stampa circa un decimo.
Abbiamo fatto l'affare del secolo.
Scritto da Massimo Mazzucco per luogocomune.net


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