Carta dell'Etiopia o Abissinia da www.sapere.it |
Il nome Etiopia, dal greco Aithiops,
'un etiope', appare due volte nell'Iliade e tre volte nell'Odissea.
Lo storico greco Erodoto usava questo nome per tutte le terre a sud
dell'Egitto, tra cui il Sudan e la moderna Etiopia. Durante il
periodo coloniale europeo, era chiamata Abissinia, da "Ḥabaśāt",
parola derivata da Habesh, una delle prime popolazioni semitiche
etiopi. La forma moderna di Habesha è il nome nativo per gli
abitanti del paese mentre il paese è stato chiamato "Ityopp'ya"
in alcune lingue. L'Etiopia è ancora indicata come Al-Ḥabashah,
"Abissinia", nella lingua araba moderna.
L'Etiopia è ampiamente considerata
il luogo della nascita degli esseri umani anatomicamente moderni
come l'Homo sapiens sapiens del Medio Paleolitico, vecchio di
200.000 anni fa. Le prime ossa umane moderne sono state trovate nel
Sud dell'Etiopia, e sono chiamate i resti della valle dell'Omo.
Inoltre, sempre in Etiopia, sono stati trovati resti di scheletrici
dell'Homo sapiens idaltu, in un sito dell'Awash, datati circa 160.000
anni fa, che possono rappresentare un'estinta sottospecie dell'Homo
sapiens sapiens o gli antenati più prossimi degli esseri umani
moderni.
Fin dal 2000 a.e.v., in Etiopia, alcuni
oratori si esprimevano in lingua Ge'ez, antico linguaggio
semitico (oggigiorno le quattro
lingue semitiche più diffuse sono l'arabo, l'aramaico, l'ebraico e
il tigrino), ben prima quindi del contatto con i Sabei, popolazione
semitica presente durante l'intero arco del primo millennio a.e.v.
nel sud della penisola arabica, secondo alcuni legata a quella
della Terra di Punt.
La Bibbia cita il Punt come la
regione abitata dai discendenti di Cam, figlio di Noè, chiamati Camiti e che si stanziarono tra il Nilo e il Mar Rosso fino all'altopiano dell'Abissinia (vecchi nome per Etiopia) a sud. Più dettagliate descrizioni del Punt, ci pervengono dalla
storia della Fenicia. Hiram re dei fenici, stanziato a Tiro,
era fra l'altro il genero di Salomone (961-922 a.e.v.) re di Giuda e di Israele,
e per conto dello suocero fece un
viaggio al Paese di Punt, da dove portò ricchezze per abbellire il
grandioso primo Tempio di Gerusalemme. Le ricchezze del Punt, secondo
la Bibbia (nel Libro dei Re), consistevano in incenso, mirra, resine,
ambra, agata verde, lapislazzuli, oro, avorio, ebano ed altri legni
pregiati.
Oltre ad Hiram, re di Tiro, che viene citato nella Bibbia, in Samuele II, 5:11, per aver inviato materiali di costruzione e uomini per l'edificazione della prima versione del Tempio di Gerusalemme, nelle fonti bibliche troviamo un altro personaggio con un nome simile ad Hiram, collocato sempre negli anni di costruzione del Tempio di Salomone. Nelle Cronache II, 2:13, si racconta di una richiesta formale fatta da Re Salomone di Gerusalemme al Re Hiram I di Tiro, suo genero, per maestranze e materiali per costruire un nuovo tempio; il Re Hiram risponde: "Io ti sto inviando Huram-Abi, un uomo di grande abilità, discendente di parte materna dalla tribù di Dan e con padre nativo di Tiro. È molto capace nel lavorare con oro e argento, bronzo e ferro, pietra e legno e nell'utilizzo di lino fine tinto di porpora, blu e rosso cremisi. È un esperto in vari tipi di bassorilievo ed incisione e può eseguire qualsiasi disegno gli venga proposto. Lavorerà con i tuoi mastri e con quelli del mio signore, David tuo padre".
Ora, il nome di Hiram Abif ricorre spesso come figura allegorica nel rituale massonico in cui è indicato come l'architetto capo della costruzione del tempio di Salomone, edificato attorno all'anno 988 a.C.. Secondo la massoneria il concetto di Hiram risorto sta a identificare il raggiungimento dell'Illuminazione. Fra questi due personaggi, quello che probabilmente è stato usato come modello per la figura massonica di Hiram Abif è stato il capomastro, di altissima competenza e proveniente anche lui da Tiro, ruolo più vicino a quello di architetto capo dell'Hiram del rituale massonico rispetto ad Hiram I, Re di Tiro.
Ora, il nome di Hiram Abif ricorre spesso come figura allegorica nel rituale massonico in cui è indicato come l'architetto capo della costruzione del tempio di Salomone, edificato attorno all'anno 988 a.C.. Secondo la massoneria il concetto di Hiram risorto sta a identificare il raggiungimento dell'Illuminazione. Fra questi due personaggi, quello che probabilmente è stato usato come modello per la figura massonica di Hiram Abif è stato il capomastro, di altissima competenza e proveniente anche lui da Tiro, ruolo più vicino a quello di architetto capo dell'Hiram del rituale massonico rispetto ad Hiram I, Re di Tiro.
Nel Primo Libro dei Re, 7:13-14 della Bibbia, Hiram
viene descritto come il figlio di una vedova di Tiro, assunto
da Salomone per eseguire gli ornamenti bronzei del nuovo tempio.
Rifacendosi a questo passo biblico, i massoni spesso si riferiscono a
Hiram Abif come al "figlio della vedova". Hiram aveva vissuto o
comunque aveva lavorato almeno temporaneamente, sul terreno argilloso (1 Re
7:46-47) lungo il fiume Jabbok, sulla riva est del fiume Giordano,
vicino alla confluenza fra i due fiumi.
Secondo la versione della sua storia tramandata nel rituale massonico, l'architetto Hiram
Abif venne ucciso da tre operai, che lavoravano alla
costruzione del tempio, nel tentativo di estorcere informazioni
segrete al Grande Capo Mastro. Quali che fossero queste informazioni
o segreti, Hiram non rivelò nulla. Nella versione che ci è stata
tramandata, Hiram Abif aveva diviso i suoi operai in tre livelli
e assegnato ad ogni livello una parola segreta (per farsi
identificare nel momento della riscossione della paga). Secondo la
tradizione massonica gli apprendisti erano identificati con la parola
"Boaz", gli operai con "Jachin" e i maestri con "Jehovah". Ancora secondo la tradizione massonica più conosciuta,
Hiram venne ucciso da tre lavoratori che volevano sapere la parola
segreta per passare ad un grado successivo. Venne colpito tre volte
alla testa e le sue spoglie furono sepolte, per essere poi recuperate in
seguito da Re Salomone, che assicurò all'uomo un'appropriata e degna
sepoltura. Gli storici revisionisti e massoni, Christopher Knight e
Robert Lomas, dibattono nel loro libro "La chiave di Hiram" l'ipotesi
che Hiram Abif fosse in realtà il faraone di Tebe, Ta'o il
Coraggioso. In ogni caso, Abif è parte integrante della leggenda fondante della società massonica.
Inoltre, secondo una tesi esposta nel libro del giornalista Sergio
Frau, "Le colonne d'Ercole: un'inchiesta", vi sarebbe stata stretta
relazione tra gli shardana (da sher-dan, un popolo del mare che potrebbe essere identificato con quello sardo), i prìncipi della tribù ebraica di
Dan e la perduta tribù che accompagnava Mosè nell'Esodo, tribù
alla quale Hiram sarebbe appartenuto.
Nella Bibbia si dice inoltre come il
regno di Saba fosse abitato da un popolo molto ricco e che la
sua regina avesse fatto visita a Re Salomone, ponendogli
difficili enigmi per mettere alla prova la sua saggezza.
Si racconta infatti che un tempo, si presentarono a Salomone due donne, chiedendogli un giudizio: entrambe dicevano di essere la madre di un neonato. Salomone decretò che il bambino fosse diviso in due parti per darne una metà a ciascuna. Mentre una donna sembrava contenta del giudizio, l'altra rinunciò al bambino, purché non fosse ucciso e Salomone capì quindi chi fosse la madre, affidandole così il bambino.
Oltre al "Libro dei Popoli" e al "Libro dei Re", nella Bibbia non vi sono altre
fonti di questa misteriosa civiltà, forse altro nome della civiltà
di Punt. Si parla invece di questa civiltà nel libro etiope del "Kebra Nagast", scritto basandosi su racconti cristiani, copti, egizi
ed ebrei.
Intorno all'VIII secolo a.C, un regno
conosciuto come D'mt,
fu fondato nel nord dell'Etiopia, la cui capitale era situata vicino
alla città di Yeha, nel Tigré (o Tigrai). La maggior parte
degli storici moderni considerano questa civiltà la madre
della cultura etiope con influenze sabee
e altri studiosi considerano D'mt come il risultato di una
unione di culture afro-asiatiche con derivazione sia
Cuscitiche (denominazione proviene dal nome di Kush, che nella
Bibbia era un figlio di Cam e si sarebbe stabilito in Africa;
la lingua cuscitica più parlata è l'oromo, parlato in Etiopia,
Somalia e Kenya, seguono il somalo, parlato in Somalia, Etiopia,
Gibuti e Kenya, il sidamo parlato in Etiopia, la lingua hadiyya
parlata in Etiopia, l'afar parlato in Eritrea, Etiopia e Gibuti ed
il kambata parlato sempre in Etiopia) che Semitiche (le
quattro lingue semitiche più diffuse sono l'arabo, l'aramaico,
l'ebraico e il tigrino), vale a dire i popoli Agaw locali (l'agaw è
una lingua del gruppo alto cuscita, considerata la lingua originaria
degli altipiani eritrei ed etiopici, nome dato dai cristiani etiopi
agli ebrei di lingua agaw dal XVI sec.) e Sabei
dell'Arabia meridionale.
Ora si pensa che l'influenza sabea,
possa essersi limitata a pochi luoghi e scomparsa dopo alcuni decenni
o ad un secolo al massimo. Potrebbe essere stata originata da motivi
commerciali o come colonia militare in alleanza con la civiltà
etiopica di D'mt o di qualche altro stato proto-axumita.
Salomone (in ebraico moderno
Šəlomo o Šlomo, in arabo Sulaymān, in greco Σαλωμων e in
latino Salomon), Gerusalemme, 1011 a.C. circa - Gerusalemme, 931 a.C.
circa) è stato, secondo la Bibbia, il terzo re d'Israele, successore
e figlio del Re Davide. Il suo regno è datato circa dal 970 al 930
a.e.v. e fu l'ultimo dei Re del regno unificato di Giuda e Israele.
Secondo il racconto biblico era figlio del Re Davide e Bath-Sheba
(Betsabea), che era stata moglie di Uria l'Ittita (Uria l'Eteo).
Dipinto con Makeda, regina di Saba, che incontra re Salomone. |
Gli succedette il figlio Roboamo, che
Salomone aveva avuto dalla moglie ammonita Naama, ma solo sul Regno
di Giuda. Il suo regno viene considerato dagli ebrei come un'età
ideale, simile a quella del periodo augusteo a Roma. La sua saggezza,
descritta nella Bibbia, è considerata proverbiale. Durante la sua
reggenza venne costruito il Tempio di Salomone, che divenne
leggendario per le sue molteplici valenze simboliche. Particolari su
vita, opere e saggezza di Salomone sono narrati anche nel Libro sacro
della Gloria dei Re, ovvero il Kebra Nagast (testo etiope
redatto tra il IV e il VI secolo d.C., ma nella sua versione
definitiva nel XII secolo).
Le storie dell'amore tra
Salomone e la regina di Saba, (Makeda),
e della nascita del loro figlio primogenito, Menelik,
sono narrate con ricchezza di particolari nel Kebra Nagast. Questo
antico testo sostiene anche che un tempo tutto il mondo fu composto
da tre regni (...) guidati da tre Re, i tre figli di Salomone , e che
ci fu un lungo periodo in cui i Re di tutto il mondo discendevano
dalla stirpe di Sem.
Secondo una testimonianza contenuta nel
Kebra Nagast, Salomone perse la saggezza dal momento in cui il figlio
primogenito Menyelek (o Menelik)
assieme al figlio del sacerdote Zadok (o Tsadok) trafugò l'Arca
dell'Alleanza contenente il Decalogo, portandola da Israele in
Etiopia, dove si trova tutt'oggi,
secondo la tradizione etiope, in un santuario ad Axum.
Ricostruzione dell'Arca dell'Alleanza. |
Secondo invece un'altra antica
tradizione, contenuta nel Kebra Nagast (il Libro della Gloria dei
Re), l'Arca sarebbe stata donata dal Re Salomone a Menelik I (nella
seconda metà del X sec. a.e.v.), il figlio da lui avuto dalla regina
di Saba, leggendaria fondatrice della nazione etiope e
secondo un'ulteriore, Salomone volle donare a Menelik una copia
dell'Arca, ma questi la scambiò di nascosto con l'originale. Secondo
la tradizione ebraica, l'Arca Santa si trova invece ancora in uno dei
meandri sotterranei del Tempio di Gerusalemme: questi furono
costruiti appositamente in previsione della futura distruzione del
Tempio. Ad ogni modo, l'Arca non è più menzionata nella Bibbia dopo
l'incontro di Salomone con la Regina di Saba descritto anche
nell'Antico Testamento in: 1 Re 10; 2 Cronache 9.
Le conseguenza storiche dell'amore fra
Salomone e Makeda, la regina di Saba, avvenuto tremila anni fa, ha
avuto conseguenze straordinarie, tali che anche oggigiorno possiamo
riconoscere nei falascià e nei rastafariani la loro discendenza.
- I falascià (anche falascia o
falasha) sono un popolo di origine etiope e di religione
ebraica, noti anche col termine Beta Israel, che significa Casa
(di) Israele, ed è da loro preferito vista l'accezione negativa che
la parola Falasha ha assunto in amarico, e che significa "esiliato"
o "straniero".
Fin dal XV secolo esistono
testimonianze storiche e letterarie che parlano di "ebrei neri".
Essi non si distinguono dalle popolazioni delle terre di cui sono
originari né per le lingue né per i tratti, ma solo per la
religione professata, l'ebraismo. Secondo alcuni storici, essi
deriverebbero dalla fusione tra le popolazioni autoctone africane e
quegli ebrei fuggiti dal proprio paese in Egitto (ma questa
indicazione geografica data dalla Bibbia potrebbe genericamente
indicare tutto il Corno d'Africa) ai tempi della distruzione di
Gerusalemme nel 587 a.C. o in successive ondate della diaspora
ebraica. Dal punto di vista religioso, sarebbero i frutti dell'unione
tra Salomone e la Regina di Saba. Questo creerebbe, secondo la
visione dell'Ebraismo Ortodosso, alcuni problemi perché l'ebraicità
è trasmessa in linea femminile, ed essendo la Regina di Saba non
ebrea, in teoria neanche i discendenti dovrebbero esserlo. Alcuni
studiosi ebraici ritengono che questo gruppo di ebrei-etiopi sia ciò
che rimane di una delle tribù perdute di Israele.
Comunque sia, minacciati da carestie e
dalle repressioni del governo etiope, nel 1977-1979, I Falascià
emigrarono verso il Sudan, il cui governo musulmano fu però ostile
nei loro confronti. Il governo di Israele decise allora di
trasportarli nel proprio territorio in maniera massiccia attraverso
un ponte aereo: si susseguirono così le tre operazioni denominate
Operazione Mosè, Operazione Giosuè ed Operazione Salomone e fino al
1991 vennero trasferiti in Israele circa 90.000 ebrei, l'85%
dell'intera comunità. Le operazioni furono decise per risolvere in
tempi ragionevoli la situazione di grave disagio in cui si era
ridotta la realtà falascià, per cui l'emigrazione regolare di
singoli o famiglie era in atto da anni, assistita da associazioni di
supporto, ma per il contingentamento dei permessi di espatrio
dall'Etiopia e le continue richieste di denaro dei governi dei paesi
che dovevano attraversare, (come il Sudan) per ottenere altri
permessi, li rendevano di fatto degli ostaggi. Attualmente in Israele
vivono diverse decine di migliaia (circa 115.000) di ebrei falascià
in progressiva integrazione, nonostante difficoltà di adeguamento ad
un ambiente diversissimo da quello di origine (dalla società tribale
tradizionale a quella omogeneizzata tecnologica moderna). Nonostante
numerosi casi di alienazione e di degrado, i giovani tendono ad
essere assimilati facilmente nella società israeliana; una forte
azione di omologazione ed integrazione dei giovani è svolta dalle
scuole e dall'arruolamento nelle forze armate. Molto diversa è la
questione degli anziani, soprattutto maschi, che sono stati
completamente privati del rapporto con la comunità tribale, e della
loro funzione di essere supporto economico della famiglia, supporto
che è divenuto inutile e che non riescono più a realizzare in una
società per loro estranea; si sono avuti diversi casi di alienazione
e suicidi, una parte consistente di anziani è comunque felicemente
integrata in sorte di "tribù" succedanee costituite dal
mantenimento di una rete di rapporti familiari, ed interfamiliari,
ricostituiti ed allargati. Per contro è senz'altro migliore la
situazione delle donne anziane che sono valorizzate maggiormente
nella cultura moderna rispetto a quella tribale, e trovano continuità
nella necessità di dover supportare le funzioni familiari.
Nel 2005 è uscito nelle sale
cinematografiche il film Vai e vivrai (titolo originale: Va, vis et
deviens), del regista Radu Mihăileanu. Narra la vicenda di Salomon,
un bimbo etiope che lascia i campi profughi del Sudan fingendosi
falascià e approfittando così dell'operazione Mosè, nella speranza
di avere un futuro migliore in Israele; là sarà creduto da tutti un
vero falascià, vivendo le difficoltà di integrazione di tutti i
falascià.
Nel 1999 il libro Il mistero del Sacro
Graal di Graham Hancock narra della ricerca dell'Arca dell'alleanza
che si dice sia custodita ad Axum, parla della cultura Falascià e
dei collegamenti di questi con la religione ebraica e con il governo
di Gerusalemme.
Nel 2010, in occasione del Romaeuropa
Festival, è stata presentata l'opera Leilit, del compositore
israeliano Yuval Avital, per 7 fisarmoniche, 7 flauti dolci,
pianoforte, pianoforte ad arco, chitarra e due cantori Kes (Eli Wande
Montesanut e Baruch Mesert) capi spirituali della comunità dei
Falascià. Molto famoso pure il sassofonista Abate Berihun. L'opera è
un mix tra canzoni ebraiche ed etiopi.
La bandiera etiope nel 1897, con il leone della tribù israelitica di Giuda. |
- L'Etiopia
è anche la patria spirituale del movimento rastafari, i cui
seguaci credono essere la terra promessa di Sion e che hanno
visto nell'ultimo imperatore o Negus Neghesti, titolo che
significa "Re dei Re", Hailé Selassié come
incarnazione umana dello stesso Gesù Cristo e massimo
protettore della Chiesa cristiana ortodossa etiope.
Hailé Selassié, in quanto discendente
di Salomone, apparteneva alla tribù di Giuda, delle 12 tribù
d'Israele, così come apparteneva a quella tribù, essendo
discendente della casa di re Davide, padre di Salomone, Maria, la
Madonna, madre di Gesù. Secondo la visione dell'ebraismo ortodosso,
l'ebraicità viene trasmessa in linea femminile, per cui Gesù
stesso apparteneva alla Tribù di Giuda.
Con il termine Sion si usa
indicare anche la stessa città di Axum, antica capitale e
centro religioso degli etiopi cristiani (di confessione ortodossa),
oppure per la sua chiesa principale chiamata "Chiesa di
Nostra Signora Maria di Sion", al cui interno si dice esser
conservata nientemeno che l'Arca dell'Alleanza, scomparsa nel
IX secolo a.C. dal Tempio di Salomone a Gerusalemme.
Ras Tafari. |
Il Libro sacro della Gloria dei Re
dell'Etiopia, ovvero il Kebra Nagast, narra dettagliatamente
dell'incontro fra re Salomone e Makeda, la regina di Saba, del loro
figlio Menyelek (o Menelik) e dello spostamento in Etiopia dell'Arca
dell'Alleanza: secondo la tradizione etiope, seguendo la linea
monarchica di discendenza diretta, il duecentoventicinquesimo
erede del trono di
Salomone è Ras Tafari Makonnen, (il nome completo di Hailé Selassié
è Tafari Dejazmatch Harrar) il Negus Neghesti, ultimo Re dei Re,
incoronato il 2 novembre 1930 col nome di Hailé Selassié I, letteralmente "Potere della Santa Trinità".
Per questa ragione il re Salomone è tenuto in particolare
considerazione dai credenti della livity (filosofia di vita)
Rastafari.
Il rastafarianesimo è una fede
religiosa, nata negli anni trenta del Novecento che si presenta come
erede del cristianesimo, così come questo lo fu dell'ebraismo
secondo i cristiani. Il nome deriva da Ras Tafari,
l'imperatore che salì al trono d'Etiopia nel 1930 con il nome di
Hailé Selassié I e con i titoli di re dei Re (negus
neghesti), Eletto di Dio, Luce del mondo, Leone conquistatore della
tribù di Giuda. In seguito alla sua incoronazione, milioni di
persone riconobbero in lui Gesù Cristo nella sua "seconda
venuta in maestà, gloria e potenza", come profeticamente
annunciato dalle Sacre Scritture, essendo egli diretto discendente
della tribù di Giuda che affonda le sue radici nell'incontro tra
re Salomone (figlio di Davide) della tribù ebraica di Giuda come
Gesù stesso, e la regina di Saba, episodio narrato nella Bibbia e
nell'antico libro chiamato Kebra Nagast che riveste massima
importanza nella tradizione della Chiesa ortodossa d'Etiopia a cui
tutti i rasta fanno riferimento (in accordo con l'esempio di Ras
Tafari stesso). La dottrina del rastafarianesimo è fondata
sull'esempio e la predicazione di Hailé Selassié I. I rastafariani
accettano gli insegnamenti teologici e morali di Gesù, custoditi
dall'antichissima tradizione etiopica ortodossa, e credono che
l'imperatore abissino li attualizzi e compia profeticamente in quanto
Cristo, tornato secondo le esigenze dell'uomo moderno. Perciò, essi
credono nella divinità di Cristo, nella Trinità, nella resurrezione
dei corpi, nell'immortalità dell'anima, nella verginità di Maria ed
in tutti gli altri dogmi della cristianità ortodossa.
I seguaci del culto però riconoscono
la validità del millenarismo, ovvero l'idea che il Cristo debba
instaurare un regno terreno prima della fine del mondo e del giudizio
universale, secondo i dettami dell'apostolo Giovanni (Apocalisse 20):
Hailé Selassié I giunge per loro a realizzare questa profezia e
regna sui suoi eletti, i Rastafariani, sino al termine della storia.
Il loro Testo Sacro è costituito dal
canone biblico etiopico, stabilito da Hailé Selassié I, composto
dell'Antico e del Nuovo Testamento e dai testi ufficiali che
contengono la testimonianza storica del re. In accordo con la
tradizione etiopica, raccolta nel Kebra Nagast, i rastafariani
credono che l'Etiopia sia la Nuova Gerusalemme, la nazione eletta
alla custodia della cristianità nei tempi della frammentazione e
della falsificazione, sino all'avvento secondo di Cristo, compiutosi
nel compianto sovrano di Addis Abeba.
In questo libro è riportato l'incontro
tra re Salomone e la regina di Saba, descritto anche dalla Bibbia (1
Re 10; 2 Cronache 9); ella, curiosa di conoscere la straordinaria
saggezza del Re, si reca a Gerusalemme e dalla relazione amorosa
sorta tra i due nasce Menelik, capostipite della dinastia regale
etiopica. L'Etiopia riceve la missione di preservare la purezza della
cristianità dopo il rifiuto di Israele e di custodire il carisma del
trono davidico sino all'avvento regale del Cristo, a cui è destinato
sin dall'inizio del mondo. A riprova della sua elezione, l'Etiopia
riceve l'arca dell'Alleanza, oggi conservata in un santuario di Axum.
Hailé Selassié I fu l'ultimo regnante ad occupare il seggio di
Davide, prima della dissoluzione della monarchia, e questo incoraggia
i rastafariani a riconoscere in lui il compimento delle promesse
divine.
Essi osservano la morale cristiana,
ubbidendo ai dieci comandamenti del Sinai ed alle regole d'amore
dettate da Cristo: "Ama il Signore Dio con tutto il tuo cuore,
con tutta la tua anima, con tutta la tua mente" e "Ama il
prossimo tuo come te stesso" (Luca 12, 28-31). Istruiti dalla
tradizione etiopica e dalla decisiva predicazione di Hailé Selassié
I, i rastafariani nutrono un particolare rispetto per le altre
culture religiose e parlano di "parentela spirituale" dei
mistici di tutte le culture storiche, utilizzando un'espressione del
Re stesso. Pur difendendo il primato della propria identità, i
rastafariani sostengono che si pervenga alla salvezza mediante la
Fede nel Divino e l'osservanza della morale naturale, al di là delle
posizioni teologiche e metafisiche: da questo procede il loro vivo
interesse per gli altri culti, considerati, sempre in riferimento ad
una frase di Hailé Selassié I, "vie del Dio vivente", che
non è possibile giudicare. Sono quindi dottrinalmente contrari al
settarismo religioso, come si evince anche dalla lettura del testo
sacro di riferimento, il Kebra Nagast.
I rastafariani sono comunemente
conosciuti per i cosiddetti dreadlocks, delle lunghe e dure
ciocche annodate che caratterizzano la chioma di molti fedeli. Si
tratta di una pratica facoltativa e molti rastafariani non sono
Nazirei. Queste costituiscono la realizzazione materiale di un voto
biblico, il Nazireato, descritto nella Legge Mosaica (Numeri 6) e
custodito nella Cristianità dalla sola tradizione etiopica. Questa
pratica ascetica comporta la consacrazione del proprio capo e dunque
l'astensione dalla tonsura e dalla pettinatura, generando
naturalmente le celebri trecce (Giudici16:13-19); implica inoltre
l'astensione da alcolici, uva e derivati, e una dieta vegetariana.
Queste tuttavia sono pratiche assolutamente facoltative e pertanto
non obbligatorie, sebbene sia predicata l'astensione dalle forme di
ubriachezza.
Un Rasta. |
Il Kebra Nagast racconta di come un
Angelo apparve alla madre di Sansone, ammonendola di non tagliargli i
capelli e farlo crescere puro, illibato e nazireo. La figura di
Sansone pelato, cieco, incatenato, è un esempio di ciò che può
accadere a chi usa il metallo di Babilonia (secondo alcuni, con
questa espressione si suole indicare il bronzo, l'argento e l'oro dei
quali sarebbe stato saccheggiato il tempio di Salomone; gli scettici
credono si riferisca invece al denaro, la moneta dell'uomo
occidentale e capitalista), a chi si fida di donne cattive e
disubbidisce i comandi divini. Bisogna conservare la propria
integrità fisica e morale, e i capelli sono un simbolo, da custodire
gelosamente.
« Conservate la vostra cultura
« Conservate la vostra cultura
non abbiate paura dell'avvoltoio
fatevi crescere i riccioli » (Bob Marley)
Cappello caratteristico di molti
rastafariani è il tam, classico cappello con i colori
della bandiera etiope, spesso con visiera. Il rastafarianesimo è
comunemente concepito secondo categorie radicalmente lontane dalla
sua essenza: nasce infatti come nazionalismo, o meglio, come versione
religiosa del movimento politico nazionalista conosciuto come
etiopismo. Il rastafarianesimo si è ispirato alla predicazione
del leader Marcus Mosiah Garvey. Altri elementi di spicco, che hanno
avuto un ruolo primario nella nascita di questo credo: Leonard
Howell, H. Archibald Dunkley, e Joseph Nathaniel Hibbert. A partire
dagli anni ottanta la cultura rasta ha aumentato la propria
diffusione nel mondo, soprattutto grazie a Bob Marley e Peter
Tosh alla musica reggae, che ne veicola i contenuti. Nel 2001 il
numero di rasta nel mondo è valutabile a 1.000.000 di persone (da
altre fonti anche 10.000.000 e 15.000.000 di persone). All'interno
del Rastafarianesimo si osservano diverse correnti interpretative,
tra le quali ricordiamo le Twelve Tribes of Israel, i
Nyabinghi, i Bobo Ashanti e gli Ortodossi. Tuttavia, la relativa
facilità della teorizzazione teologica, in presenza di una
rivelazione chiara e diretta, sta permettendo un graduale
appianamento delle differenze, sostanzialmente causate dalla scarsa
conoscenza dei testi e delle risorse culturali, e le istanze
dottrinali fondamentali sono ormai generalmente accettate. La
corrente che conta più membri è la Twelve Tribes of Israel, di cui
hanno fatto parte cantanti come Freddie McGregor, Dennis Brown, Bob
Marley, Israel Vibration, ecc. I Nyabinghi, invece, sono la corrente
più ristretta, soprattutto perché i più estremi, arrivando
addirittura al razzismo in alcuni casi, anche se ormai si accettano
membri di tutte le etnie. I Rasta utilizzano la marijuana (ma
non i suoi estratti quali l'hashish) come erba medicinale, ma anche
come erba meditativa, apportatrice di saggezza, ausilio alla
preghiera. Viene sostenuto che l'erba ganja sia cresciuta sulla tomba
del Re Salomone, chiamato il Re Saggio, e da esso ne tragga forza. La
Marijuana è anche associata all'Albero della Vita e della Saggezza
che era presente nell'Eden a fianco dell'Albero della conoscenza del
bene e del male.
« Non puoi cambiare la natura umana,
ma puoi cambiare te stesso mediante l'uso dell'Erba ...
In tal modo tu permetti che la tua luce
risplenda, e quando ognuno di noi lascia risplendere la sua luce, ciò
significa che stiamo creando una cultura divina »
I rastafariani, comunque, predicano la
disciplina morale ed il controllo di sé, e sono avversi ad ogni
forma di ubriachezza. I rasta conferiscono alla donna, in accordo con
gli insegnamenti di Hailé Selassié I, la medesima dignità
dell'uomo. L'imperatrice Menen, legittima sposa dell'Imperatore ed
associata alla sua gloria regale, riceve presso i rastafariani
particolare venerazione, considerata la prima creatura dopo Cristo,
la Madre della Creazione e la Regina dei Re. Tuttavia, il ruolo della
donna, in accordo con gli insegnamenti della Scrittura (Efesini 5:22)
è gerarchicamente subordinato a quello dell'uomo. In
contrapposizione alla società di stampo matriarcale su cui si regge
la famiglia giamaicana, la comunità Rasta afferma la superiorità
dell'uomo come capo gerarchico. La donna è considerata
subordinata all'uomo che è "primo tra pari", perché la
donna è il motivo dell'ingresso nel mondo del male. Nel libro della
Genesi infatti Eva fu la prima a nutrirsi del frutto dell'albero
della conoscenza, ed è chiaro come tra un uomo ed una donna, sia
quest'ultima la portatrice di malizia agli occhi dell'uomo. La donna
può purificarsi attraverso la relazione amorosa, il rapporto
corretto con l'uomo, la maternità e la fede in Hailé Selassié I e
l'Imperatrice Menen.
Questo spiega il motivo per cui in
Eritrea, ex regione Etiope, la popolazione sia divisa, pressoché in
parti uguali, tra musulmani e cristiani, con una leggera prevalenza
di questi ultimi. L'islam, di orientamento sunnita, è prevalente
nelle aree settentrionali e in quelle costiere. La maggior parte dei
cristiani appartiene alla Chiesa ortodossa tewahedo eritrea, divenuta
autocefala nel 1993 (in accordo con Shenuda III di Alessandria, papa
della Chiesa ortodossa copta), separandosi (pur rimanendo in
comunione e condividendo la quasi totalità delle pratiche
liturgiche) dalla Chiesa ortodossa etiopica.
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Dopo la caduta della civilta dei D'mt
nel IV secolo a.e.v., l'altopiano venne dominato da altri regni
successivi. Nel I secolo e.v. l'Impero aksumita emerse nel
nord del paese. Secondo un libro axumita medievale (il Libro di
Axum), la prima capitale del Regno fu Mazaber, costruita dagli
Etiopi, figli di Cush (un figlio di Cam)
e la seconda e definitiva fu Axum,
talvolta scritta più correttamente Aksum,
che sorge nel Tigrai, regione settentrionale dell'Etiopia situata ai
piedi delle montagne di Adua. Axum estese il proprio
dominio fino all'attuale Yemen, sull'altra sponda del Mar Rosso. Nel
III secolo, Mani, figura religiosa persiana, elencò Axum con Roma,
la Persia e la Cina come una delle quattro grandi Potenze del suo
tempo.
Il regno di Axum adottò come suo
linguaggio, anche scritto, il Ge'ez e sviluppò
un'architettura originale, caratterizzata da obelischi
giganteschi.
Icona di S. Frumenzio. |
Intorno al 316 e.v., Frumenzio,
di origine siriaca e di cultura greca, con suo fratello Edesio da
Tiro, accompagnarono il loro zio Merope per un viaggio in nave verso
l'India. La sua storia è raccontata nel Storia Ecclesiastica di
Rufino di Aquileia (I, 9), storia ripresa da Socrate di
Costantinopoli (I, 19), da Sozomeno (II, 24), da Teodoreto di Ciro
(I, 22). Merope, filosofo di Tiro, decise di visitare l'India dopo
l'esempio di Metrodoro e dei suoi viaggi in quelle regioni remote,
rese famose durante il regno di Costantino I il grande. Egli venne
accompagnato dai suoi due nipoti, Frumenzio e il fratello Edesio che
erano ancora bambini. Mentre ritornavano dal viaggio, fecero sosta
nel porto del Regno di Axum, che viveva un periodo di tregua con
l'Impero romano. Nonostante ciò, la loro nave venne attaccata,
l'equipaggio e Merope vennero uccisi e Frumenzio ed Edesio vennero
risparmiati dalla compassione delle genti locali a causa della loro
giovane età. Resi schiavi, vennero condotti al cospetto del re del
Regno di Axum. Il re fece di Edesio il proprio coppiere, mentre
Frumenzio, ritenuto perspicace e prudente, divenne amministratore dei
beni del regno. Poco prima della sua morte, il re li liberò e i due
giovani furono liberi di tornare in patria, ma di fronte ad una
reggenza difficile, la regina li pregò di rimanere per aiutare lei e
l'erede non ancora adulto, Ezana, a governare il paese. Durante
questo periodo Frumenzio cominciò ad interessarsi alla comunità
cristiana presente nel regno. Grazie a Frumenzio fu concesso a
costoro il permesso di edificare chiese cristiane per i mercanti di
passaggio, di praticare la loro fede apertamente e di evangelizzare
la popolazione. Dopo che Ezana raggiunse la maggiore età,
Edesio e Frumenzio furono di nuovo lasciati liberi di tornare a casa.
Mentre Edesio tornò a Tiro, in Libano, ad abbracciare la propria
famiglia, Frumenzio invece si sentì in dovere di condurre l'Etiopia
alla conversione al cristianesimo. Si recò quindi ad Alessandria
d'Egitto per mettere al corrente di quello che stava accadendo in
Etiopia. Qui, dopo aver radunato un concilio di vescovi del
patriarcato di Alessandria, il patriarca d'Alessandria, sant'Atanasio
disse: « Quale altra persona potremmo noi trovare, nella quale sia
lo Spirito di Dio come è in te, e sia in grado di condurre a termine
quest'opera? » (Rufino, Storia ecclesiastica,I,10,380-382). Così
Frumenzio fu consacrato vescovo (che avvenne in una
data compresa fra il 328, secondo altri tra i 340-346) e, dopo aver
raccolto un nutrito numero di missionari, ritornò in Etiopia per
continuare l'evangelizzazione. Al suo arrivo in Etiopia venne
chiamato Kesate Birhan "rivelatore della luce" e Abuna
Selama cioè "padre pacifico": così divenne il primo
Abuna della Chiesa ortodossa etiope. Gli Etiopi, scrive Rufino,
"si convertirono in numero infinito".
Nel 357, dopo la condanna da parte
della fazione ariana (appoggiata dall'imperatore Costanzo II) e la
fuga di Atanasio, Costanzo II scrisse una lettera al re di Etiopia,
Ezana e a suo fratello Sazana, chiedendogli di inviare Frumenzio ad
Alessandria d'Egitto presso il nuovo patriarca Giorgio di Cappadocia
(di confessione semi-ariana), che avrebbe esaminato il caso,
ricordando che la nomina a vescovo di Frumenzio era stata voluta da
Atanasio, "uomo colpevole di più di diecimila colpe" già
deposto durante il primo concilio di Tiro nel 335. Con tutta
probabilità Frumenzio non rispose all'appello dell'imperatore.
Il regno di Aksum raggiunse il
suo apogeo nel IV secolo, durante il regno di Ezana,
che fu battezzato con il nome di Abriha. Questo avvenimento
segnò il momento ufficiale per la cristianizzazione del regno.
Una moneta datata 324 e.v., indica che
l'Etiopia è stato il secondo paese ad adottare
ufficialmente il cristianesimo (dopo l'Armenia), e fu
la prima grande potenza mondiale a farlo.
La Chiesa Ortodossa Etiope celebra la
festa di San Frumenzio il 1 ° agosto, la Chiesa copta ortodossa il
18 dicembre, le Chiese ortodosse orientali il 30 novembre ed è
venerato dalla Chiesa cattolica romana il 27 ottobre. Tradizioni
etiopi accreditano San Frumenzio come il primo traduttore in ge'ez
del Nuovo Testamento.
La Chiesa ortodossa etiopica afferma
che la cattedrale di Nostra Signora Maria di Sion di Axum, contiene
la biblica Arca dell'Alleanza dove erano custodite le Tavole
della Legge su cui sono scritti i Dieci Comandamenti portati da Mosè
al suo popolo. Questa stessa chiesa fu il luogo dove per secoli
vennero incoronati gli imperatori etiopi fino al regno di Fāsiladas
e di nuovo da Giovanni IV d'Etiopia fino alla fine dell'impero.
Axum viene considerata la più santa delle città dell'Etiopia
ed è un'importante meta di pellegrinaggi. Feste significative
sono T'imk'et (corrispondente alla Festa dell'Epifania, celebrata il
7 gennaio, non il 6), e la Festa di Maryam Sion che cade alla fine di
novembre.
Stele di Axum. |
Il 15 ottobre del 1935 la città di
Axum fu occupata dalle truppe italiane al comando del generale
Emilio de Bono. Due anni dopo, nel 1937, un obelisco di Axum, alto
23,4 metri e risalente a 1700 anni prima, già a terra e rotto in
quattro pezzi da diversi secoli, fu inviato a Roma dai soldati
italiani per essere collocato in Piazza di Porta Capena come bottino
di guerra della Guerra d'Etiopia. Questo obelisco è generalmente
ritenuto uno dei più begli esempi di questo tipo di costruzioni
dell'impero axumita. Nonostante un accordo preso con le Nazioni Unite
nel 1974 prevedesse la restituzione dell'obelisco, l'Italia si
attardò in una lunga disputa diplomatica con il governo etiopico,
che vedeva nell'obelisco un simbolo dell'identità nazionale, nonché,
nel suo ritorno, un atto riparatorio all'aggressione subita. Nel 2005
infine, l'Italia restituì l'obelisco all'Etiopia. L'Unesco è stata
resa responsabile del restauro e della risistemazione dell'obelisco
ad Axum, un'operazione piuttosto complessa. Nell'aprile di quell'anno
la stele, che pesa 152 tonnellate, fu caricata su un aeromobile
Antonov e trasportata in Etiopia. Il 4 giugno è iniziato il
sollevamento e il posizionamento dei blocchi della stele con un
intervento ingegneristico diretto dallo "Studio Croci e
Associati" con il professore Giorgio Croci come capo progetto.
Il bilancio economico complessivo è stato di 4,78 milioni di
dollari, interamente finanziati dal governo italiano. Il 4
settembre 2008, si è tenuta ad Axum la cerimonia ufficiale di
inaugurazione della stele di Axum restaurata, o stele n. 2. Per il
loro valore storico, le rovine archeologiche presenti ad Axum sono
state incluse nel 1980 dall'Unesco nella lista dei Patrimoni
dell'umanità.
L'impero
di Axum, declinò a partire dal VII secolo, causa la
concorrenza commerciale araba. Racconti semi-leggendari attribuiscono
la sua distruzione ad una regina mitica, Gudit, nel X secolo. Il
potere fu esercitato per qualche decennio dalla dinastia Zaguè.
Verso la fine del XII secolo, più a
sud, sorse l'Impero d'Etiopia, che soppiantò definitivamente il
regno di Axum. Oggigiorno, il 75% della popolazione di Aksum è
composto da cristiano-ortodossi e la rimanente parte è
suddivisa tra musulmani sunniti e cristiani protestanti p'ent'ay
(secondo diverse denominazioni, "chiesa ortodossa tedesca
etiope", chiesa evangelica etiope Mekane Yesus). In tutta
l'Etiopia, i cristiani cattolici sono rari.
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