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giovedì 16 giugno 2016

Nell'Etiopia dell'antichità, eventi che segnano il pensiero contemporaneo

Carta dell'Etiopia o Abissinia da www.sapere.it
Mentre l'Eritrea ha da sempre ha fatto parte dell'Etiopia, fino alla sua colonizzazione da parte dell'Italia che l'ha inventata sia come unità politica che come nome, come succederà poi per la Libia, l'Etiopia ha una lunga storia alle spalle.

Il nome Etiopia, dal greco Aithiops, 'un etiope', appare due volte nell'Iliade e tre volte nell'Odissea. Lo storico greco Erodoto usava questo nome per tutte le terre a sud dell'Egitto, tra cui il Sudan e la moderna Etiopia. Durante il periodo coloniale europeo, era chiamata Abissinia, da "Ḥabaśāt", parola derivata da Habesh, una delle prime popolazioni semitiche etiopi. La forma moderna di Habesha è il nome nativo per gli abitanti del paese mentre il paese è stato chiamato "Ityopp'ya" in alcune lingue. L'Etiopia è ancora indicata come Al-Ḥabashah, "Abissinia", nella lingua araba moderna.

L'Etiopia è ampiamente considerata il luogo della nascita degli esseri umani anatomicamente moderni come l'Homo sapiens sapiens del Medio Paleolitico, vecchio di 200.000 anni fa. Le prime ossa umane moderne sono state trovate nel Sud dell'Etiopia, e sono chiamate i resti della valle dell'Omo. Inoltre, sempre in Etiopia, sono stati trovati resti di scheletrici dell'Homo sapiens idaltu, in un sito dell'Awash, datati circa 160.000 anni fa, che possono rappresentare un'estinta sottospecie dell'Homo sapiens sapiens o gli antenati più prossimi degli esseri umani moderni.

Fin dal 2000 a.e.v., in Etiopia, alcuni oratori si esprimevano in lingua Ge'ez, antico linguaggio semitico (oggigiorno le quattro lingue semitiche più diffuse sono l'arabo, l'aramaico, l'ebraico e il tigrino), ben prima quindi del contatto con i Sabei, popolazione semitica presente durante l'intero arco del primo millennio a.e.v. nel sud della penisola arabica, secondo alcuni legata a quella della Terra di Punt.

La Bibbia cita il Punt come la regione abitata dai discendenti di Cam, figlio di Noè, chiamati Camiti e che si stanziarono tra il Nilo e il Mar Rosso fino all'altopiano dell'Abissinia (vecchi nome per Etiopia) a sud. Più dettagliate descrizioni del Punt, ci pervengono dalla storia della Fenicia. Hiram re dei fenici, stanziato a Tiro, era fra l'altro il genero di Salomone (961-922 a.e.v.) re di Giuda e di Israele, e per conto dello suocero fece un viaggio al Paese di Punt, da dove portò ricchezze per abbellire il grandioso primo Tempio di Gerusalemme. Le ricchezze del Punt, secondo la Bibbia (nel Libro dei Re), consistevano in incenso, mirra, resine, ambra, agata verde, lapislazzuli, oro, avorio, ebano ed altri legni pregiati.

Oltre ad Hiram, re di Tiro, che viene citato nella Bibbia, in Samuele II, 5:11, per aver inviato materiali di costruzione e uomini per l'edificazione della prima versione del Tempio di Gerusalemme, nelle fonti bibliche troviamo un altro personaggio con un nome simile ad Hiram, collocato sempre negli anni di costruzione del Tempio di Salomone. Nelle Cronache II, 2:13, si racconta di una richiesta formale fatta da Re Salomone di Gerusalemme al Re Hiram I di Tiro, suo genero, per maestranze e materiali per costruire un nuovo tempio; il Re Hiram risponde: "Io ti sto inviando Huram-Abi, un uomo di grande abilità, discendente di parte materna dalla tribù di Dan e con padre nativo di Tiro. È molto capace nel lavorare con oro e argento, bronzo e ferro, pietra e legno e nell'utilizzo di lino fine tinto di porpora, blu e rosso cremisi. È un esperto in vari tipi di bassorilievo ed incisione e può eseguire qualsiasi disegno gli venga proposto. Lavorerà con i tuoi mastri e con quelli del mio signore, David tuo padre".

Ora, il nome di Hiram Abif ricorre spesso come figura allegorica nel rituale massonico in cui è indicato come l'architetto capo della costruzione del tempio di Salomone, edificato attorno all'anno 988 a.C.. Secondo la massoneria il concetto di Hiram risorto sta a identificare il raggiungimento dell'Illuminazione. Fra questi due personaggi, quello che probabilmente è stato usato come modello per la figura massonica di Hiram Abif è stato il capomastro, di altissima competenza e proveniente anche lui da Tiro, ruolo più vicino a quello di architetto capo dell'Hiram del rituale massonico rispetto ad Hiram I, Re di Tiro.

Nel Primo Libro dei Re, 7:13-14 della Bibbia, Hiram viene descritto come il figlio di una vedova di Tiro, assunto da Salomone per eseguire gli ornamenti bronzei del nuovo tempio. Rifacendosi a questo passo biblico, i massoni spesso si riferiscono a Hiram Abif come al "figlio della vedova". Hiram aveva vissuto o comunque aveva lavorato almeno temporaneamente, sul terreno argilloso (1 Re 7:46-47) lungo il fiume Jabbok, sulla riva est del fiume Giordano, vicino alla confluenza fra i due fiumi.
Secondo la versione della sua storia tramandata nel rituale massonico, l'architetto Hiram Abif venne ucciso da tre operai, che lavoravano alla costruzione del tempio, nel tentativo di estorcere informazioni segrete al Grande Capo Mastro. Quali che fossero queste informazioni o segreti, Hiram non rivelò nulla. Nella versione che ci è stata tramandata, Hiram Abif aveva diviso i suoi operai in tre livelli e assegnato ad ogni livello una parola segreta (per farsi identificare nel momento della riscossione della paga). Secondo la tradizione massonica gli apprendisti erano identificati con la parola "Boaz", gli operai con "Jachin" e i maestri con "Jehovah". Ancora secondo la tradizione massonica più conosciuta, Hiram venne ucciso da tre lavoratori che volevano sapere la parola segreta per passare ad un grado successivo. Venne colpito tre volte alla testa e le sue spoglie furono sepolte, per essere poi recuperate in seguito da Re Salomone, che assicurò all'uomo un'appropriata e degna sepoltura. Gli storici revisionisti e massoni, Christopher Knight e Robert Lomas, dibattono nel loro libro "La chiave di Hiram" l'ipotesi che Hiram Abif fosse in realtà il faraone di Tebe, Ta'o il Coraggioso. In ogni caso, Abif è parte integrante della leggenda fondante della società massonica. Inoltre, secondo una tesi esposta nel libro del giornalista Sergio Frau, "Le colonne d'Ercole: un'inchiesta", vi sarebbe stata stretta relazione tra gli shardana (da sher-dan, un popolo del mare che potrebbe essere identificato con quello sardo), i prìncipi della tribù ebraica di Dan e la perduta tribù che accompagnava Mosè nell'Esodo, tribù alla quale Hiram sarebbe appartenuto.

Nella Bibbia si dice inoltre come il regno di Saba fosse abitato da un popolo molto ricco e che la sua regina avesse fatto visita a Re Salomone, ponendogli difficili enigmi per mettere alla prova la sua saggezza.
Si racconta infatti che un tempo, si presentarono a Salomone due donne, chiedendogli un giudizio: entrambe dicevano di essere la madre di un neonato. Salomone decretò che il bambino fosse diviso in due parti per darne una metà a ciascuna. Mentre una donna sembrava contenta del giudizio, l'altra rinunciò al bambino, purché non fosse ucciso e Salomone capì quindi chi fosse la madre, affidandole così il bambino.

Oltre al "Libro dei Popoli" e al "Libro dei Re", nella Bibbia non vi sono altre fonti di questa misteriosa civiltà, forse altro nome della civiltà di Punt. Si parla invece di questa civiltà nel libro etiope del "Kebra Nagast", scritto basandosi su racconti cristiani, copti, egizi ed ebrei.

Intorno all'VIII secolo a.C, un regno conosciuto come D'mt, fu fondato nel nord dell'Etiopia, la cui capitale era situata vicino alla città di Yeha, nel Tigré (o Tigrai). La maggior parte degli storici moderni considerano questa civiltà la madre della cultura etiope con influenze sabee e altri studiosi considerano D'mt come il risultato di una unione di culture afro-asiatiche con derivazione sia Cuscitiche (denominazione proviene dal nome di Kush, che nella Bibbia era un figlio di Cam e si sarebbe stabilito in Africa; la lingua cuscitica più parlata è l'oromo, parlato in Etiopia, Somalia e Kenya, seguono il somalo, parlato in Somalia, Etiopia, Gibuti e Kenya, il sidamo parlato in Etiopia, la lingua hadiyya parlata in Etiopia, l'afar parlato in Eritrea, Etiopia e Gibuti ed il kambata parlato sempre in Etiopia) che Semitiche (le quattro lingue semitiche più diffuse sono l'arabo, l'aramaico, l'ebraico e il tigrino), vale a dire i popoli Agaw locali (l'agaw è una lingua del gruppo alto cuscita, considerata la lingua originaria degli altipiani eritrei ed etiopici, nome dato dai cristiani etiopi agli ebrei di lingua agaw dal XVI sec.) e Sabei dell'Arabia meridionale.
Ora si pensa che l'influenza sabea, possa essersi limitata a pochi luoghi e scomparsa dopo alcuni decenni o ad un secolo al massimo. Potrebbe essere stata originata da motivi commerciali o come colonia militare in alleanza con la civiltà etiopica di D'mt o di qualche altro stato proto-axumita.

Salomone (in ebraico moderno Šəlomo o Šlomo, in arabo Sulaymān, in greco Σαλωμων e in latino Salomon), Gerusalemme, 1011 a.C. circa - Gerusalemme, 931 a.C. circa) è stato, secondo la Bibbia, il terzo re d'Israele, successore e figlio del Re Davide. Il suo regno è datato circa dal 970 al 930 a.e.v. e fu l'ultimo dei Re del regno unificato di Giuda e Israele. Secondo il racconto biblico era figlio del Re Davide e Bath-Sheba (Betsabea), che era stata moglie di Uria l'Ittita (Uria l'Eteo).
Dipinto con Makeda, regina di Saba,
 che incontra re Salomone.
Gli succedette il figlio Roboamo, che Salomone aveva avuto dalla moglie ammonita Naama, ma solo sul Regno di Giuda. Il suo regno viene considerato dagli ebrei come un'età ideale, simile a quella del periodo augusteo a Roma. La sua saggezza, descritta nella Bibbia, è considerata proverbiale. Durante la sua reggenza venne costruito il Tempio di Salomone, che divenne leggendario per le sue molteplici valenze simboliche. Particolari su vita, opere e saggezza di Salomone sono narrati anche nel Libro sacro della Gloria dei Re, ovvero il Kebra Nagast (testo etiope redatto tra il IV e il VI secolo d.C., ma nella sua versione definitiva nel XII secolo).
Le storie dell'amore tra Salomone e la regina di Saba, (Makeda), e della nascita del loro figlio primogenito, Menelik, sono narrate con ricchezza di particolari nel Kebra Nagast. Questo antico testo sostiene anche che un tempo tutto il mondo fu composto da tre regni (...) guidati da tre Re, i tre figli di Salomone , e che ci fu un lungo periodo in cui i Re di tutto il mondo discendevano dalla stirpe di Sem.
Secondo una testimonianza contenuta nel Kebra Nagast, Salomone perse la saggezza dal momento in cui il figlio primogenito Menyelek (o Menelik) assieme al figlio del sacerdote Zadok (o Tsadok) trafugò l'Arca dell'Alleanza contenente il Decalogo, portandola da Israele in Etiopia, dove si trova tutt'oggi, secondo la tradizione etiope, in un santuario ad Axum.
Ricostruzione dell'Arca
dell'Alleanza.
Secondo invece un'altra antica tradizione, contenuta nel Kebra Nagast (il Libro della Gloria dei Re), l'Arca sarebbe stata donata dal Re Salomone a Menelik I (nella seconda metà del X sec. a.e.v.), il figlio da lui avuto dalla regina di Saba, leggendaria fondatrice della nazione etiope e secondo un'ulteriore, Salomone volle donare a Menelik una copia dell'Arca, ma questi la scambiò di nascosto con l'originale. Secondo la tradizione ebraica, l'Arca Santa si trova invece ancora in uno dei meandri sotterranei del Tempio di Gerusalemme: questi furono costruiti appositamente in previsione della futura distruzione del Tempio. Ad ogni modo, l'Arca non è più menzionata nella Bibbia dopo l'incontro di Salomone con la Regina di Saba descritto anche nell'Antico Testamento in: 1 Re 10; 2 Cronache 9.

Le conseguenza storiche dell'amore fra Salomone e Makeda, la regina di Saba, avvenuto tremila anni fa, ha avuto conseguenze straordinarie, tali che anche oggigiorno possiamo riconoscere nei falascià e nei rastafariani la loro discendenza.

- I falascià (anche falascia o falasha) sono un popolo di origine etiope e di religione ebraica, noti anche col termine Beta Israel, che significa Casa (di) Israele, ed è da loro preferito vista l'accezione negativa che la parola Falasha ha assunto in amarico, e che significa "esiliato" o "straniero".
Fin dal XV secolo esistono testimonianze storiche e letterarie che parlano di "ebrei neri". Essi non si distinguono dalle popolazioni delle terre di cui sono originari né per le lingue né per i tratti, ma solo per la religione professata, l'ebraismo. Secondo alcuni storici, essi deriverebbero dalla fusione tra le popolazioni autoctone africane e quegli ebrei fuggiti dal proprio paese in Egitto (ma questa indicazione geografica data dalla Bibbia potrebbe genericamente indicare tutto il Corno d'Africa) ai tempi della distruzione di Gerusalemme nel 587 a.C. o in successive ondate della diaspora ebraica. Dal punto di vista religioso, sarebbero i frutti dell'unione tra Salomone e la Regina di Saba. Questo creerebbe, secondo la visione dell'Ebraismo Ortodosso, alcuni problemi perché l'ebraicità è trasmessa in linea femminile, ed essendo la Regina di Saba non ebrea, in teoria neanche i discendenti dovrebbero esserlo. Alcuni studiosi ebraici ritengono che questo gruppo di ebrei-etiopi sia ciò che rimane di una delle tribù perdute di Israele.
Comunque sia, minacciati da carestie e dalle repressioni del governo etiope, nel 1977-1979, I Falascià emigrarono verso il Sudan, il cui governo musulmano fu però ostile nei loro confronti. Il governo di Israele decise allora di trasportarli nel proprio territorio in maniera massiccia attraverso un ponte aereo: si susseguirono così le tre operazioni denominate Operazione Mosè, Operazione Giosuè ed Operazione Salomone e fino al 1991 vennero trasferiti in Israele circa 90.000 ebrei, l'85% dell'intera comunità. Le operazioni furono decise per risolvere in tempi ragionevoli la situazione di grave disagio in cui si era ridotta la realtà falascià, per cui l'emigrazione regolare di singoli o famiglie era in atto da anni, assistita da associazioni di supporto, ma per il contingentamento dei permessi di espatrio dall'Etiopia e le continue richieste di denaro dei governi dei paesi che dovevano attraversare, (come il Sudan) per ottenere altri permessi, li rendevano di fatto degli ostaggi. Attualmente in Israele vivono diverse decine di migliaia (circa 115.000) di ebrei falascià in progressiva integrazione, nonostante difficoltà di adeguamento ad un ambiente diversissimo da quello di origine (dalla società tribale tradizionale a quella omogeneizzata tecnologica moderna). Nonostante numerosi casi di alienazione e di degrado, i giovani tendono ad essere assimilati facilmente nella società israeliana; una forte azione di omologazione ed integrazione dei giovani è svolta dalle scuole e dall'arruolamento nelle forze armate. Molto diversa è la questione degli anziani, soprattutto maschi, che sono stati completamente privati del rapporto con la comunità tribale, e della loro funzione di essere supporto economico della famiglia, supporto che è divenuto inutile e che non riescono più a realizzare in una società per loro estranea; si sono avuti diversi casi di alienazione e suicidi, una parte consistente di anziani è comunque felicemente integrata in sorte di "tribù" succedanee costituite dal mantenimento di una rete di rapporti familiari, ed interfamiliari, ricostituiti ed allargati. Per contro è senz'altro migliore la situazione delle donne anziane che sono valorizzate maggiormente nella cultura moderna rispetto a quella tribale, e trovano continuità nella necessità di dover supportare le funzioni familiari.
Nel 2005 è uscito nelle sale cinematografiche il film Vai e vivrai (titolo originale: Va, vis et deviens), del regista Radu Mihăileanu. Narra la vicenda di Salomon, un bimbo etiope che lascia i campi profughi del Sudan fingendosi falascià e approfittando così dell'operazione Mosè, nella speranza di avere un futuro migliore in Israele; là sarà creduto da tutti un vero falascià, vivendo le difficoltà di integrazione di tutti i falascià.
Nel 1999 il libro Il mistero del Sacro Graal di Graham Hancock narra della ricerca dell'Arca dell'alleanza che si dice sia custodita ad Axum, parla della cultura Falascià e dei collegamenti di questi con la religione ebraica e con il governo di Gerusalemme.
Nel 2010, in occasione del Romaeuropa Festival, è stata presentata l'opera Leilit, del compositore israeliano Yuval Avital, per 7 fisarmoniche, 7 flauti dolci, pianoforte, pianoforte ad arco, chitarra e due cantori Kes (Eli Wande Montesanut e Baruch Mesert) capi spirituali della comunità dei Falascià. Molto famoso pure il sassofonista Abate Berihun. L'opera è un mix tra canzoni ebraiche ed etiopi.

La bandiera etiope nel 1897,
 con il leone della tribù
israelitica di Giuda.
- L'Etiopia è anche la patria spirituale del movimento rastafari, i cui seguaci credono essere la terra promessa di Sion e che hanno visto nell'ultimo imperatore o Negus Neghesti, titolo che significa "Re dei Re", Hailé Selassié come incarnazione umana dello stesso Gesù Cristo e massimo protettore della Chiesa cristiana ortodossa etiope.
Hailé Selassié, in quanto discendente di Salomone, apparteneva alla tribù di Giuda, delle 12 tribù d'Israele, così come apparteneva a quella tribù, essendo discendente della casa di re Davide, padre di Salomone, Maria, la Madonna, madre di Gesù. Secondo la visione dell'ebraismo ortodosso, l'ebraicità viene trasmessa in linea femminile, per cui Gesù stesso apparteneva alla Tribù di Giuda.
Con il termine Sion si usa indicare anche la stessa città di Axum, antica capitale e centro religioso degli etiopi cristiani (di confessione ortodossa), oppure per la sua chiesa principale chiamata "Chiesa di Nostra Signora Maria di Sion", al cui interno si dice esser conservata nientemeno che l'Arca dell'Alleanza, scomparsa nel IX secolo a.C. dal Tempio di Salomone a Gerusalemme.
Ras Tafari.
Il Libro sacro della Gloria dei Re dell'Etiopia, ovvero il Kebra Nagast, narra dettagliatamente dell'incontro fra re Salomone e Makeda, la regina di Saba, del loro figlio Menyelek (o Menelik) e dello spostamento in Etiopia dell'Arca dell'Alleanza: secondo la tradizione etiope, seguendo la linea monarchica di discendenza diretta, il duecentoventicinquesimo erede del trono di Salomone è Ras Tafari Makonnen, (il nome completo di Hailé Selassié è Tafari Dejazmatch Harrar) il Negus Neghesti, ultimo Re dei Re, incoronato il 2 novembre 1930 col nome di Hailé Selassié I, letteralmente "Potere della Santa Trinità". Per questa ragione il re Salomone è tenuto in particolare considerazione dai credenti della livity (filosofia di vita) Rastafari.
Il rastafarianesimo è una fede religiosa, nata negli anni trenta del Novecento che si presenta come erede del cristianesimo, così come questo lo fu dell'ebraismo secondo i cristiani. Il nome deriva da Ras Tafari, l'imperatore che salì al trono d'Etiopia nel 1930 con il nome di Hailé Selassié I e con i titoli di re dei Re (negus neghesti), Eletto di Dio, Luce del mondo, Leone conquistatore della tribù di Giuda. In seguito alla sua incoronazione, milioni di persone riconobbero in lui Gesù Cristo nella sua "seconda venuta in maestà, gloria e potenza", come profeticamente annunciato dalle Sacre Scritture, essendo egli diretto discendente della tribù di Giuda che affonda le sue radici nell'incontro tra re Salomone (figlio di Davide) della tribù ebraica di Giuda come Gesù stesso, e la regina di Saba, episodio narrato nella Bibbia e nell'antico libro chiamato Kebra Nagast che riveste massima importanza nella tradizione della Chiesa ortodossa d'Etiopia a cui tutti i rasta fanno riferimento (in accordo con l'esempio di Ras Tafari stesso). La dottrina del rastafarianesimo è fondata sull'esempio e la predicazione di Hailé Selassié I. I rastafariani accettano gli insegnamenti teologici e morali di Gesù, custoditi dall'antichissima tradizione etiopica ortodossa, e credono che l'imperatore abissino li attualizzi e compia profeticamente in quanto Cristo, tornato secondo le esigenze dell'uomo moderno. Perciò, essi credono nella divinità di Cristo, nella Trinità, nella resurrezione dei corpi, nell'immortalità dell'anima, nella verginità di Maria ed in tutti gli altri dogmi della cristianità ortodossa.
I seguaci del culto però riconoscono la validità del millenarismo, ovvero l'idea che il Cristo debba instaurare un regno terreno prima della fine del mondo e del giudizio universale, secondo i dettami dell'apostolo Giovanni (Apocalisse 20): Hailé Selassié I giunge per loro a realizzare questa profezia e regna sui suoi eletti, i Rastafariani, sino al termine della storia.
Il loro Testo Sacro è costituito dal canone biblico etiopico, stabilito da Hailé Selassié I, composto dell'Antico e del Nuovo Testamento e dai testi ufficiali che contengono la testimonianza storica del re. In accordo con la tradizione etiopica, raccolta nel Kebra Nagast, i rastafariani credono che l'Etiopia sia la Nuova Gerusalemme, la nazione eletta alla custodia della cristianità nei tempi della frammentazione e della falsificazione, sino all'avvento secondo di Cristo, compiutosi nel compianto sovrano di Addis Abeba.
In questo libro è riportato l'incontro tra re Salomone e la regina di Saba, descritto anche dalla Bibbia (1 Re 10; 2 Cronache 9); ella, curiosa di conoscere la straordinaria saggezza del Re, si reca a Gerusalemme e dalla relazione amorosa sorta tra i due nasce Menelik, capostipite della dinastia regale etiopica. L'Etiopia riceve la missione di preservare la purezza della cristianità dopo il rifiuto di Israele e di custodire il carisma del trono davidico sino all'avvento regale del Cristo, a cui è destinato sin dall'inizio del mondo. A riprova della sua elezione, l'Etiopia riceve l'arca dell'Alleanza, oggi conservata in un santuario di Axum. Hailé Selassié I fu l'ultimo regnante ad occupare il seggio di Davide, prima della dissoluzione della monarchia, e questo incoraggia i rastafariani a riconoscere in lui il compimento delle promesse divine.
Essi osservano la morale cristiana, ubbidendo ai dieci comandamenti del Sinai ed alle regole d'amore dettate da Cristo: "Ama il Signore Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente" e "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Luca 12, 28-31). Istruiti dalla tradizione etiopica e dalla decisiva predicazione di Hailé Selassié I, i rastafariani nutrono un particolare rispetto per le altre culture religiose e parlano di "parentela spirituale" dei mistici di tutte le culture storiche, utilizzando un'espressione del Re stesso. Pur difendendo il primato della propria identità, i rastafariani sostengono che si pervenga alla salvezza mediante la Fede nel Divino e l'osservanza della morale naturale, al di là delle posizioni teologiche e metafisiche: da questo procede il loro vivo interesse per gli altri culti, considerati, sempre in riferimento ad una frase di Hailé Selassié I, "vie del Dio vivente", che non è possibile giudicare. Sono quindi dottrinalmente contrari al settarismo religioso, come si evince anche dalla lettura del testo sacro di riferimento, il Kebra Nagast.
I rastafariani sono comunemente conosciuti per i cosiddetti dreadlocks, delle lunghe e dure ciocche annodate che caratterizzano la chioma di molti fedeli. Si tratta di una pratica facoltativa e molti rastafariani non sono Nazirei. Queste costituiscono la realizzazione materiale di un voto biblico, il Nazireato, descritto nella Legge Mosaica (Numeri 6) e custodito nella Cristianità dalla sola tradizione etiopica. Questa pratica ascetica comporta la consacrazione del proprio capo e dunque l'astensione dalla tonsura e dalla pettinatura, generando naturalmente le celebri trecce (Giudici16:13-19); implica inoltre l'astensione da alcolici, uva e derivati, e una dieta vegetariana. Queste tuttavia sono pratiche assolutamente facoltative e pertanto non obbligatorie, sebbene sia predicata l'astensione dalle forme di ubriachezza.
Un Rasta.
Il Kebra Nagast racconta di come un Angelo apparve alla madre di Sansone, ammonendola di non tagliargli i capelli e farlo crescere puro, illibato e nazireo. La figura di Sansone pelato, cieco, incatenato, è un esempio di ciò che può accadere a chi usa il metallo di Babilonia (secondo alcuni, con questa espressione si suole indicare il bronzo, l'argento e l'oro dei quali sarebbe stato saccheggiato il tempio di Salomone; gli scettici credono si riferisca invece al denaro, la moneta dell'uomo occidentale e capitalista), a chi si fida di donne cattive e disubbidisce i comandi divini. Bisogna conservare la propria integrità fisica e morale, e i capelli sono un simbolo, da custodire gelosamente.
« Conservate la vostra cultura
non abbiate paura dell'avvoltoio
fatevi crescere i riccioli » (Bob Marley)
Cappello caratteristico di molti rastafariani è il tam, classico cappello con i colori della bandiera etiope, spesso con visiera. Il rastafarianesimo è comunemente concepito secondo categorie radicalmente lontane dalla sua essenza: nasce infatti come nazionalismo, o meglio, come versione religiosa del movimento politico nazionalista conosciuto come etiopismo. Il rastafarianesimo si è ispirato alla predicazione del leader Marcus Mosiah Garvey. Altri elementi di spicco, che hanno avuto un ruolo primario nella nascita di questo credo: Leonard Howell, H. Archibald Dunkley, e Joseph Nathaniel Hibbert. A partire dagli anni ottanta la cultura rasta ha aumentato la propria diffusione nel mondo, soprattutto grazie a Bob Marley e Peter Tosh alla musica reggae, che ne veicola i contenuti. Nel 2001 il numero di rasta nel mondo è valutabile a 1.000.000 di persone (da altre fonti anche 10.000.000 e 15.000.000 di persone). All'interno del Rastafarianesimo si osservano diverse correnti interpretative, tra le quali ricordiamo le Twelve Tribes of Israel, i Nyabinghi, i Bobo Ashanti e gli Ortodossi. Tuttavia, la relativa facilità della teorizzazione teologica, in presenza di una rivelazione chiara e diretta, sta permettendo un graduale appianamento delle differenze, sostanzialmente causate dalla scarsa conoscenza dei testi e delle risorse culturali, e le istanze dottrinali fondamentali sono ormai generalmente accettate. La corrente che conta più membri è la Twelve Tribes of Israel, di cui hanno fatto parte cantanti come Freddie McGregor, Dennis Brown, Bob Marley, Israel Vibration, ecc. I Nyabinghi, invece, sono la corrente più ristretta, soprattutto perché i più estremi, arrivando addirittura al razzismo in alcuni casi, anche se ormai si accettano membri di tutte le etnie. I Rasta utilizzano la marijuana (ma non i suoi estratti quali l'hashish) come erba medicinale, ma anche come erba meditativa, apportatrice di saggezza, ausilio alla preghiera. Viene sostenuto che l'erba ganja sia cresciuta sulla tomba del Re Salomone, chiamato il Re Saggio, e da esso ne tragga forza. La Marijuana è anche associata all'Albero della Vita e della Saggezza che era presente nell'Eden a fianco dell'Albero della conoscenza del bene e del male.
« Non puoi cambiare la natura umana, ma puoi cambiare te stesso mediante l'uso dell'Erba ...
In tal modo tu permetti che la tua luce risplenda, e quando ognuno di noi lascia risplendere la sua luce, ciò significa che stiamo creando una cultura divina »
I rastafariani, comunque, predicano la disciplina morale ed il controllo di sé, e sono avversi ad ogni forma di ubriachezza. I rasta conferiscono alla donna, in accordo con gli insegnamenti di Hailé Selassié I, la medesima dignità dell'uomo. L'imperatrice Menen, legittima sposa dell'Imperatore ed associata alla sua gloria regale, riceve presso i rastafariani particolare venerazione, considerata la prima creatura dopo Cristo, la Madre della Creazione e la Regina dei Re. Tuttavia, il ruolo della donna, in accordo con gli insegnamenti della Scrittura (Efesini 5:22) è gerarchicamente subordinato a quello dell'uomo. In contrapposizione alla società di stampo matriarcale su cui si regge la famiglia giamaicana, la comunità Rasta afferma la superiorità dell'uomo come capo gerarchico. La donna è considerata subordinata all'uomo che è "primo tra pari", perché la donna è il motivo dell'ingresso nel mondo del male. Nel libro della Genesi infatti Eva fu la prima a nutrirsi del frutto dell'albero della conoscenza, ed è chiaro come tra un uomo ed una donna, sia quest'ultima la portatrice di malizia agli occhi dell'uomo. La donna può purificarsi attraverso la relazione amorosa, il rapporto corretto con l'uomo, la maternità e la fede in Hailé Selassié I e l'Imperatrice Menen.
Questo spiega il motivo per cui in Eritrea, ex regione Etiope, la popolazione sia divisa, pressoché in parti uguali, tra musulmani e cristiani, con una leggera prevalenza di questi ultimi. L'islam, di orientamento sunnita, è prevalente nelle aree settentrionali e in quelle costiere. La maggior parte dei cristiani appartiene alla Chiesa ortodossa tewahedo eritrea, divenuta autocefala nel 1993 (in accordo con Shenuda III di Alessandria, papa della Chiesa ortodossa copta), separandosi (pur rimanendo in comunione e condividendo la quasi totalità delle pratiche liturgiche) dalla Chiesa ortodossa etiopica.

Dopo la caduta della civilta dei D'mt nel IV secolo a.e.v., l'altopiano venne dominato da altri regni successivi. Nel I secolo e.v. l'Impero aksumita emerse nel nord del paese. Secondo un libro axumita medievale (il Libro di Axum), la prima capitale del Regno fu Mazaber, costruita dagli Etiopi, figli di Cush (un figlio di Cam) e la seconda e definitiva fu Axum, talvolta scritta più correttamente Aksum, che sorge nel Tigrai, regione settentrionale dell'Etiopia situata ai piedi delle montagne di Adua. Axum estese il proprio dominio fino all'attuale Yemen, sull'altra sponda del Mar Rosso. Nel III secolo, Mani, figura religiosa persiana, elencò Axum con Roma, la Persia e la Cina come una delle quattro grandi Potenze del suo tempo.
Il regno di Axum adottò come suo linguaggio, anche scritto, il Ge'ez e sviluppò un'architettura originale, caratterizzata da obelischi giganteschi.

Icona di S. Frumenzio.
Intorno al 316 e.v., Frumenzio, di origine siriaca e di cultura greca, con suo fratello Edesio da Tiro, accompagnarono il loro zio Merope per un viaggio in nave verso l'India. La sua storia è raccontata nel Storia Ecclesiastica di Rufino di Aquileia (I, 9), storia ripresa da Socrate di Costantinopoli (I, 19), da Sozomeno (II, 24), da Teodoreto di Ciro (I, 22). Merope, filosofo di Tiro, decise di visitare l'India dopo l'esempio di Metrodoro e dei suoi viaggi in quelle regioni remote, rese famose durante il regno di Costantino I il grande. Egli venne accompagnato dai suoi due nipoti, Frumenzio e il fratello Edesio che erano ancora bambini. Mentre ritornavano dal viaggio, fecero sosta nel porto del Regno di Axum, che viveva un periodo di tregua con l'Impero romano. Nonostante ciò, la loro nave venne attaccata, l'equipaggio e Merope vennero uccisi e Frumenzio ed Edesio vennero risparmiati dalla compassione delle genti locali a causa della loro giovane età. Resi schiavi, vennero condotti al cospetto del re del Regno di Axum. Il re fece di Edesio il proprio coppiere, mentre Frumenzio, ritenuto perspicace e prudente, divenne amministratore dei beni del regno. Poco prima della sua morte, il re li liberò e i due giovani furono liberi di tornare in patria, ma di fronte ad una reggenza difficile, la regina li pregò di rimanere per aiutare lei e l'erede non ancora adulto, Ezana, a governare il paese. Durante questo periodo Frumenzio cominciò ad interessarsi alla comunità cristiana presente nel regno. Grazie a Frumenzio fu concesso a costoro il permesso di edificare chiese cristiane per i mercanti di passaggio, di praticare la loro fede apertamente e di evangelizzare la popolazione. Dopo che Ezana raggiunse la maggiore età, Edesio e Frumenzio furono di nuovo lasciati liberi di tornare a casa. Mentre Edesio tornò a Tiro, in Libano, ad abbracciare la propria famiglia, Frumenzio invece si sentì in dovere di condurre l'Etiopia alla conversione al cristianesimo. Si recò quindi ad Alessandria d'Egitto per mettere al corrente di quello che stava accadendo in Etiopia. Qui, dopo aver radunato un concilio di vescovi del patriarcato di Alessandria, il patriarca d'Alessandria, sant'Atanasio disse: « Quale altra persona potremmo noi trovare, nella quale sia lo Spirito di Dio come è in te, e sia in grado di condurre a termine quest'opera? » (Rufino, Storia ecclesiastica,I,10,380-382). Così Frumenzio fu consacrato vescovo (che avvenne in una data compresa fra il 328, secondo altri tra i 340-346) e, dopo aver raccolto un nutrito numero di missionari, ritornò in Etiopia per continuare l'evangelizzazione. Al suo arrivo in Etiopia venne chiamato Kesate Birhan "rivelatore della luce" e Abuna Selama cioè "padre pacifico": così divenne il primo Abuna della Chiesa ortodossa etiope. Gli Etiopi, scrive Rufino, "si convertirono in numero infinito".
Nel 357, dopo la condanna da parte della fazione ariana (appoggiata dall'imperatore Costanzo II) e la fuga di Atanasio, Costanzo II scrisse una lettera al re di Etiopia, Ezana e a suo fratello Sazana, chiedendogli di inviare Frumenzio ad Alessandria d'Egitto presso il nuovo patriarca Giorgio di Cappadocia (di confessione semi-ariana), che avrebbe esaminato il caso, ricordando che la nomina a vescovo di Frumenzio era stata voluta da Atanasio, "uomo colpevole di più di diecimila colpe" già deposto durante il primo concilio di Tiro nel 335. Con tutta probabilità Frumenzio non rispose all'appello dell'imperatore.
Il regno di Aksum raggiunse il suo apogeo nel IV secolo, durante il regno di Ezana, che fu battezzato con il nome di Abriha. Questo avvenimento segnò il momento ufficiale per la cristianizzazione del regno.
Una moneta datata 324 e.v., indica che l'Etiopia è stato il secondo paese ad adottare ufficialmente il cristianesimo (dopo l'Armenia), e fu la prima grande potenza mondiale a farlo.
La Chiesa Ortodossa Etiope celebra la festa di San Frumenzio il 1 ° agosto, la Chiesa copta ortodossa il 18 dicembre, le Chiese ortodosse orientali il 30 novembre ed è venerato dalla Chiesa cattolica romana il 27 ottobre. Tradizioni etiopi accreditano San Frumenzio come il primo traduttore in ge'ez del Nuovo Testamento.
La Chiesa ortodossa etiopica afferma che la cattedrale di Nostra Signora Maria di Sion di Axum, contiene la biblica Arca dell'Alleanza dove erano custodite le Tavole della Legge su cui sono scritti i Dieci Comandamenti portati da Mosè al suo popolo. Questa stessa chiesa fu il luogo dove per secoli vennero incoronati gli imperatori etiopi fino al regno di Fāsiladas e di nuovo da Giovanni IV d'Etiopia fino alla fine dell'impero. Axum viene considerata la più santa delle città dell'Etiopia ed è un'importante meta di pellegrinaggi. Feste significative sono T'imk'et (corrispondente alla Festa dell'Epifania, celebrata il 7 gennaio, non il 6), e la Festa di Maryam Sion che cade alla fine di novembre.

Stele di Axum.
Il 15 ottobre del 1935 la città di Axum fu occupata dalle truppe italiane al comando del generale Emilio de Bono. Due anni dopo, nel 1937, un obelisco di Axum, alto 23,4 metri e risalente a 1700 anni prima, già a terra e rotto in quattro pezzi da diversi secoli, fu inviato a Roma dai soldati italiani per essere collocato in Piazza di Porta Capena come bottino di guerra della Guerra d'Etiopia. Questo obelisco è generalmente ritenuto uno dei più begli esempi di questo tipo di costruzioni dell'impero axumita. Nonostante un accordo preso con le Nazioni Unite nel 1974 prevedesse la restituzione dell'obelisco, l'Italia si attardò in una lunga disputa diplomatica con il governo etiopico, che vedeva nell'obelisco un simbolo dell'identità nazionale, nonché, nel suo ritorno, un atto riparatorio all'aggressione subita. Nel 2005 infine, l'Italia restituì l'obelisco all'Etiopia. L'Unesco è stata resa responsabile del restauro e della risistemazione dell'obelisco ad Axum, un'operazione piuttosto complessa. Nell'aprile di quell'anno la stele, che pesa 152 tonnellate, fu caricata su un aeromobile Antonov e trasportata in Etiopia. Il 4 giugno è iniziato il sollevamento e il posizionamento dei blocchi della stele con un intervento ingegneristico diretto dallo "Studio Croci e Associati" con il professore Giorgio Croci come capo progetto. Il bilancio economico complessivo è stato di 4,78 milioni di dollari, interamente finanziati dal governo italiano. Il 4 settembre 2008, si è tenuta ad Axum la cerimonia ufficiale di inaugurazione della stele di Axum restaurata, o stele n. 2. Per il loro valore storico, le rovine archeologiche presenti ad Axum sono state incluse nel 1980 dall'Unesco nella lista dei Patrimoni dell'umanità.

L'impero di Axum, declinò a partire dal VII secolo, causa la concorrenza commerciale araba. Racconti semi-leggendari attribuiscono la sua distruzione ad una regina mitica, Gudit, nel X secolo. Il potere fu esercitato per qualche decennio dalla dinastia Zaguè.

Verso la fine del XII secolo, più a sud, sorse l'Impero d'Etiopia, che soppiantò definitivamente il regno di Axum. Oggigiorno, il 75% della popolazione di Aksum è composto da cristiano-ortodossi e la rimanente parte è suddivisa tra musulmani sunniti e cristiani protestanti p'ent'ay (secondo diverse denominazioni, "chiesa ortodossa tedesca etiope", chiesa evangelica etiope Mekane Yesus). In tutta l'Etiopia, i cristiani cattolici sono rari.


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